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Ambiente e Territorio

Page history last edited by Francesco Cerisoli 13 years, 9 months ago

Qui potremo/dovremo scrivere di:

 

Uso del territorio

 

Politiche Ambientali

 

Politiche Energetiche

 

E poi che altro, secondo voi?

 

Un contributo di Francesca Santolini che bene introduce al problema dell'uso del territorio:

 

Il territorio del nostro Paese è senza dubbio il capitale più grande della nazione italiana. Non meriterebbe un progetto, una politica fatta di obiettivi graduali perché sia messo in sicurezza innanzitutto, e poi liberato gradualmente dalle occupazioni abusive, dalla bruttezza, dalla prepotenza? E’ vero che la politica è l’arte del compromesso e del perseguimento disilluso del possibile; ma per fare compromessi è necessario avere un obiettivo alto, puntare a un risultato che poi si raggiungerà per le strade realmente percorribili.

In Italia, invece, manca proprio questo obiettivo. Non c’è un progetto comune intorno al quale possiamo riunirci e lavorare, non una meta verso la quale camminare insieme. Perciò le divisioni aumentano, i localismi trionfano, la politica perde il suo senso.

Eppure il Paese, anche nelle sue regioni più degradate, è ancora capace di entusiasmi, di impegno e di passione. Il ruolo di una politica rinnovata nel personale e nello stile dovrebbe essere proprio quello di risuscitare queste energie. L’ambiente può darci una parte molto importante dei contenuti necessari. Gli italiani, soprattutto quelli che non vanno più a votare, potrebbero darci la forza di rimettere in piedi la politica e – chissà – anche il nostro Paese".

 

 

 

 

Un Contributo di Luca Saini: "Questione energetica: verso la completa decarbonizzazione"

 

Verso un sistema energetico europeo decarbonizzato.

 

E’ recentemente uscito, in Aprile 2010, uno studio commissonato dall’European Climate Foundation (ECF). Redatto da un mix fra i principali esperti del settore sia  industriali cosi’ come accademici,  lo studio ha per titolo: “Roadmap 2050: a practical guide to a prosperous low-carbon Europe”. Scaricabile on line sul sito  www.roadmap2050.eu , questo vasto documento rappresenta il primo tentativo autorevole di delineare scenari tecnico-economici che possano portare il sistema energetico europeo, nel suo complesso, a ridurre le emissioni di gas climalteranti  di un fattore 80 % rispetto alla situazione del 1990 ed entro il 2050 secondo gli obiettivi enunciati dalla Unione Europea e dal G8 tenuto a L’Aquila nel luglio 2009. Si tratta quindi di guardare ben oltre gli obiettivi del 20-20-20 al 2020 ovvero, sempre su base 1990 :

  • ·        20% la quota di energia complessiva consumata e prodotta da fonti rinnovabili,
  • ·        20% di incremento della efficenza energetica
  • ·        20 % la quota di riduzione di emissione di gas climalteranti

 

Obiettivi che sono ormai “dietro l’angolo” , giudicati dalla comunità scientifica largamente insufficienti per invertire la rotta verso il riscaldamento globale.

 

Lo studio ha diverse particolarità interessanti:

  • Adotta una metodologia di “back_casting”.  Contrariamente ad altri studi che si basano su scenari di previsione futura,  quest’ultimo parte dall’obiettivo finale e deriva scenari plausibili da implementare che consentano di raggiungere il fine preposto.
  • Si pone in un campo di applicazione europeo senza entrare nei dettagli di sotto-scenari applicabili ai singoli paesi.
  • Deriva diversi possibili scenari le cui implicazioni sono confrontate a livello tecnico ed economico rispetto ad uno scenario di base di riferimento di “businnes as usual”  che non preveda cioé il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione. Questa scelta metodologica consente di mettere a confronto scenari che assumono il riscaldamento globale come fatto veritiero da quello in cui questo fatto è negato.
  • Per tutti i settori energivori quali quello industriale; dei servizi, dei trasporti e delle abitazioni, lo studio impone come fattore comune a tutti gli scenari, incluso quello base, il miglioramento del 40% di efficenza energetica sulla domanda finale al 2050. L’efficenza energetica, essendo relativa ad energia non consumata,  costituisce di per sè un fattore di decarbonizzazione.
  • Inoltre, lo studio prefigura, nel tempo, un progressivo spostamento verso un maggiore utilizzo di energia elettrica da parte dei comparti quali i settori abitazioni e trasporti che oggi sono fra i  principali responsabili delle emissioni climalteranti.   
  • Per il settore elettrico si adotta una scelta conservativa sul piano tecnologico, esplorando tecnologie di produzione che sono oggi esisenti, mature o prossime alla maturazione senza esprimere pregiudizi su alcuna di esse. Fra queste sono considerate le attuali che utilizzano fonti primarie ad emissione climalterante (petrolio, carbone e gas), quelle classiche come il nucleare di fissione e l’idroelettrico  cosi’ come le più nuove e mature basate su fonti rinnovabili (solare fotovoltaico ed a concentrazione,  eolico e biomasse)
  • Lo studio pertanto esplora la fattibilità tecnico-economica di un sistema energetico europeo fortemente decarbonizzato concentrandosi su scenari di produzione e consumo di elettricità.

 

I diversi scenari di decarbonizzazione considerati, vengono differenziati per una diversa composizione finale in % di tre famiglie tecnologiche a zero o quasi emissioni:

  • Uso di combustibili fossili con confinamento dei gas climalteranti: da 0 al 30%
  • Uso del nucleare: da 0 al 30%
  • Uso di un mix di fonti rinnovabili: dal 40% al 100%

 

Questa scelta, oltre ad ammettere, come plausibili, l’utilizzo di un mix fra fonti fossili, nucleare e rinnovabili, presuppone come risultato primario dello studio che l’ottenimento della riduzione di emissioni di 80% al 2050 è ottenible solo:

  • Raggiungendo la quota del 100% di produzione elettrica da fonti decarbonizzate
  • Incrementando di un fattore complessivo di efficenza energetica applicato a tutti i settori del 40%.

 

I risultati: aspetti tecnologici

 

 

Lo studio esegue, per ogni scenario, un “assessment” delle tecnologie prese in considerazione nelle diverse proporzioni.

I risultati possono essere cosi riassunti:

 

  • É tecnicamente plausibile assumere scenari che contemplino il solo uso di fonti rinnovabili per coprire il fabbisogno di energia elettrica al 2050, fino a quasi coprire il 100 a livello europeo.  Il 100% è plausibile se vengono interconnesse le reti di distrubuzione alle regioni mediterranee non europee.
  • In ogni caso, per garantire una eleveta disponibilità del servizio elettrico pari a quella attuale è necessario sviluppare ed interconnettere le reti a livello europeo e passare ad una forma innovativa di distribuzione dell’ energia (smart grids o reti intelligenti).
  • É auspicabile ottimizzare l’utilizzo delle fonti rinnovabili nelle aree dove queste sono maggiormente disponibili. La soluzione di applicare lo stesso mix di fonti di produzione elettrica in ogni area geografica puo’ non fornire un livello affidabile sulla disponibilità del servizio salvo adottare soluzioni di elevato stoccaggio locale. Ovvero è meglio differenziare l’utilizzo delle fonti su vasta scala geografica che differenziare “in loco” ed adottare reti intelligenti di interconnessione.
  • Il fattore efficenza energetica (più comunemente noto come risparmio energetico) è altrettanto fondamentale di quello della produzione.
  • Nel settore abitativo per il riscaldamento diviene fondamentale applicare fortemente il risparmio energetico (isolamento degli edifici) ed spostare il fabbisogno energetico verso l’uso di elettricità ( uso delle pompe di calore con estrazione del calore geotermico)
  • Nel settore trasporti è fondamentale ridurre l’uso dei combustibili fossili ad esempio andando verso tecnologie di motori ibridi con utilizzo sempre maggiore di elettricità anche prelevata dalla rete

    

 

 

I risultati: aspetti economici e politici

 

 

Ogni scenario tecnologico è corredato anche da uno scenario economico per valutarne la sostenibilità. La valutazione economica viene fatta in modo classico prendendo in considerazione il capitale necessario di investimento iniziale per anno (CAPEX) ed i costi operativi (OPEX). Questo viene eseguito su ogni tecnologia ed applicato ad ogni scenario in base al mix definito. Il risultato ottenuto è paragonato con lo scenario di base, quello cioé in cui non si assume necessario raggiungere elevati gradi de decarbonizzazione.

 

I risultati ottenuti sono soprendenti: 

 

  • Se, tecnicamente, diversi scenari con diversi mix di tecnologie sono fattibili, anche a livello economico questi sono pressoché equi-sostenibili.
  • In generale, rispetto allo scenario di base (business as usual), gli scenari che consentono di ottenere la riduzione dell’80% delle riduzioni delle emissioni, richiedono un maggiore investimento iniziale (fino al doppio rispetto ad oggi) che poi si traduce in minori costi operativi. Sul lungo termine il costo totale della produzione di energia è minore rispetto allo scenario businness as usual.
  • In generale, più è elevata la proporzione delle energie rinnovabili nel mix, più alti sono i capitali iniziali richiesti ma più bassi sono poi i costi operativi.
  • In generale, più è elevata la proporzione delle energie rinnovabili nel mix,  più stabile appare il costo finale della energia. Questo è largamente comprensibile se si considera il fatto che le eneregie rinnovabili utilizzano come fonti primarie sorgenti che sono sempre disponibili in loco e non soggette ad esaurimento. Quindi, non influenzabili dalla legge di mercato della domanda/offerta.
  • Nel complesso comunque le differenze dei  costi dell’ energia ottenibili nei diversi scenari sono di pochi punti percentuali e sono traducibili, in  termini di costi di una famiglia media, in un massimo di circa 200 euro all’anno.

 

Lo studio indirizza anche alcune problematiche, a corredo ma fondamentali, di natura politica affinché gli scenari tecnico economici possano essere implementati.

Fra le considerazioni più importanti potremmo elencare:

 

  • Il ruolo dell’Europa e di ogni Stato Nazionale che devono agire di concerto e con coerenza. Il problema non è tecnico, non è economico ma bensi di “policy”.
  • La necessità di dover ricorrere a maggiori investimenti iniziali  del mercato richiede una notevole volontà ed azioni conseguenti di supporto da parte degli organi istutuzionali.
  • La politica energetica ed il mercato della energia devono essere uniformati a livello europeo.
  • Spostare modi di produzione e di consumo dell’energia richiede un utilizzo costante di sistemi di incentivazione e disincentivazione  necessariamente uniformato a livello europeo.
  • Il cambiamento richiesto è tale per cui l’implementazione di uno scenario di decarbonizzazione non sarebbe possibile senza un vasto consenso fra le istituzioni locali, gli attori economicie e politci fino ai singoli cittadini.

 

 

Considerazioni

 

L’importanza di questo studio, molto rigoso e vagliato da organismi di diversa natura, sta nel fatto che mostra come plausibile e sostenibile, da un punto di vista tecnico ed economico, definire scenari implementativi di decarbonizzaione sostanziale del sistema energetico a livello europeo.

Esso mostra anche come diversi scenari siano equi-possibili ed equi-sostenibili, caratterizzati da mix anche alquanto diversi fra le diverse tecnologie di produzione di elettricità, incluso quello in cui tutta la produzione elettrica è basata su fonti rinnovabili. Lo studio non prende posizione e non indica come obbligatoria la scelta fra tecnologie decarbonizzanti molto diverse fra loro come l’utilizzo di fonti fossili con confinamento dei gas, il nucleare e l’insieme delle energie rinnovabili. Inoltre lo studio non indica  l’obbligatorietà di riprodurre, in ogni singolo Stato Nazione, lo stesso mix di tecnologie. Questo lascierebbe ancora spazi di manovra perché ogni Stato possa adottare una strategia “locale” purchè questa sia compatibile e coerente all’interno di un quadro di dimensione Europea.

 

Ci sono alcuni aspetti che lo studio non prende in considerazione in forma dovuta e che sarebbe interessante investigare e tradurre in parametri quantitativi a suo ulteriore completamento. Questi possono essere iscritti a quelli che potremmo definire aspetti socio-economici. Fra gli altri possono essere identificati:

  • Il diverso grado di equità sociale fra l’adozione di diverse tecnologie. Ad esempio sarebbe interessante definire un parametro che possa descrivere la distribuzione del valore aggiunto nella società che comporta l’investimento su una certa tecnologia. Si tratta cioé di trovare una risposta alla seguente domanda: è indifferente constatare che l’investimento su una tecnologia comporta una re-distribuzione maggiore, magari in termini di occupazione, del valore aggiunto generato rispetto a quello fatto su un’altra ?
  •  Il grado di diversa ripartizione del valore aggiunto sul territorio fra l’adozione di diverse tecnologie. Ad esempio sarebbe interessante definire un parametro che possa descrivere la distribuzione del valore aggiunto sul territorio che comporta l’investimento su una certa tecnologia.  Si tratta cioé di trovare una risposta alla seguente domanda: è indifferente constatare che l’investimento su una tecnologia comporta una re-distribuzione geografica maggiore del valore aggiunto generato rispetto a quello fatto su un’altra ? 
  • Vista la possibilità di adottare diversi scenari tecnici, vista la loro sostenibilità economica equivalente,  potrebbero essere questi ultimi gli elementi discriminanti che potrebbero fornire ulteriori argomentazioni a favore di uno scenario rispetto ad un altro.

 

 

A proposito di Italia

 

L’Italia si appresta a fare una scelta significativa in ambito di politica energetica: l’entrata del nucleare sul suo territorio fra il mix di tecnologie di produzione di elettricità.

L’Italia è anche uno dei pochi paesi o forse l’unico in cui un Parlamento ha votato un mozione che nega l’esistenza del riscaldamento globale.

L’Italia, come paese della Comunità Europea, ha anche sottoscritto, pur negoziandoli al ribasso, gli obiettivi intermedi del 20-20-20 al 2020 definiti poroprio con lo scopo di combattere il riscaldamento globale.

L’obiettivo intermedio del 20% di energia rinnovabile al 2020 è riferito al totale del consumo energetico e non solo alla quota del settore di produzione elettrica.. Per stessa affermazione del Governo attuale Italiano, le presunte nuove centrali nucleari non saranno operative al 2020. Quindi non potranno apportare alcun contributo al raggiungimento degli obiettivi comunitari. 

Queste contraddizioni pongono l’Italia fuori dal contesto europeo, a meno che non si suppone che, come sistema paese, Essa sia in grado di mantenere gli impegni presi e di essere in grado comunque di finanziare il programma nucleare. Il sospetto è che presumibilmente siano altre le logiche che stanno dietro questa scelta, se non addirittura che esista una logica.

 

Contrariamente, un approccio più serio e degno per il nostro paese vorrebbe che, senza escludere a priori l’opzione nucleare, i seguenti punti venissero presi in dovuta considerazione:

  • La definizione di un piano energetico nazionale (questo studio ne è un esempio di metodologia applicabile) in pieno accordo e coerente con uno scenario europeo nel pieno rispetto degli accordi sottoscritti passati e futuri.
  • La definizione di un piano energetico che sia discusso e condiviso al massimo grado fra i diversi livelli istituzionali, gli attori econonomici e le varie associazioni sociali ed i cittadini.
  • Il riconoscimento della esistenza del riscaldamento globale o al più la sua adesione basandosi sul criterio di precauzione.
  • Il riconoscimento e la sua quantificazione del principio di equità sociale cercando di massimizzare la ricaduta economica degli investimenti necessari sul maggior numero di strati sociali.
  • Il riconoscimento e la sua quantificazione del principio di equità territoriale cercando di massimizzare la ricaduta economica degli investimenti necessari in modo quanto più diffuso sul territorio.   

 

Come suggerito anche dallo studio, questo cambiamento epocale che si rende necessario puo’ essere visto anche dal lato del bicchiere mezzo pieno. In altre parole, il cambiamento puo,’ o forse meglio, dovrebbe essere visto, propagandato, guidato e vissuto come una opportunità.

 

Fra le diverse opportunità, non scontate e forse ancora poco medidate, che potrebbero essere sottolineate potremmo ricordare:

  • L’Italia, come tutta l’area del mediterraneo, e ricca di una fonte primaria di energia rinnovabile quale il sole.
  • In un’ ottica di maggiore interconnessione delle future reti di distribuzione, l’Italia potrebbe giocare un ruolo primario in tutta l’area mediterranea inclusa la parte nordafricana.
  • Le energie rinnovabili, e quella solare in particolare,  consentono di distribuire ricchezza sia a vasti strati sociali che su vasta scala territoriale. Fra i beneficiari si possono annoverare i singoli cittadini, le piccole e medie imprese nonche gli enti locali.
  • Il percorso cominciato dalla entrata in vigore della legge sul conto energia del fotovoltaico è un esempio da seguire ed estendere, rendendolo, ad esempio applicabile ad altre tecnologie ed estendedolo al campo della efficenza energetica.

 

Una proposta specifica di Francesco Cerisoli

Ecoincentivi per l'auto.

Come sappiamo, da molti anni vengono concessi incentivi a chi cambia un'auto vecchia ed inquinante per una nuova. Spesso la differenza in termini di emissioni e consumi e'minima (in una recente puntata di Report si mostrava come alcune Euro 0 fossero ancora capaci di prestazioni paragonabili alle Euro 4, per dire).

Senza pretendere di rivoluzionare questo sistema che ormai e' fion troppo consolidato, vorrei pero' inserire una proposta che puo'anche essere una provocazione: perche' non concedere lo stesso incentivo, o magari anche piu' sostanzioso, a chi rottama una macchina e non la rimpiazza con una nuova?  Un nucleo familiare che decide di avere una sola auto invece che due, o addirittura nessuna, dovrebbe ricevere per lo meno lo stesso incentivo che riceve chi cambia l'auto ogni 5 anni. E magari, anche, un sostanzioso "sconto"sui mezzi pubblici. Che ne dite? 

Comments (15)

lucasaini said

at 5:43 pm on May 6, 2010

Luca Saini please.

Giampaolo da Parma said

at 2:42 pm on May 11, 2010

Ciao.
Lo studio riportato è molto interessante.
Non ho però la competenza per commentarlo e se devo essere sincero mi sembra un discorso un pò complicato.
Io vorrei portare l'attenzione su qualcosa di molto più terra-terra.
Gli inceneritori, alias termovalorizzatori.
Vorrei condividere con tutti qualche riflessione inviata via mail che riprendo e modifico.
Credo, a monte, che uno dei maggiori errori politici della campagna elettorale del 2008 da parte di Veltroni sia stato quello di mettere al primo posto della sua "lista" alla voce "ambiente" il "si" ai termovalorizzatori.
Perchè era ed è una posizione già obsoleta, superata, che non ha futuro e che purtroppo vedo più legata a interessi concreti e molto materiali che non al cd. bene comune.
Sul punto ho la fortuna/sfortuna di avere un osservatorio privilegiato.
Parto da casa mia, da quel che sta succedendo a Parma, dove verrà costruito un “termovalorizzatore” (inceneritore non suona bene) che brucerà rifiuti e produrrà teleriscaldamento.
Il soggetto che lo costruisce è una multi utility nata dalla fusione delle aziende municipalizzate operanti nel settore dei servizi pubblici nelle Province di Parma, Piacenza e Reggio Emilia, quindi partecipata dai relativi comuni.
Il costo dichiarato dell’appalto è 180 milioni di euro.
(1)

Giampaolo da Parma said

at 2:43 pm on May 11, 2010

L’aspetto commerciale è evidente: il cittadino paga per conferire il rifiuto, il rifiuto è il combustibile che alimenta il termovalorizzatore, il cittadino paga (se aderisce all’offerta) anche il riscaldamento che viene così prodotto.
Le conseguenze ambientali riguardano le emissioni.
Viene dichiarato che non verranno emesse diossine grazie alla altissima temperatura di combustione, verrà certamente emessa CO2 in larga misura, verranno certamente emesse polveri sottili (vedremo come) in grande quantità.
Sulle diossine la verità si potrà sapere solo quando verrà messo in funzione, perché la loro mancata emissione è una “promessa” del costruttore (viene definito prodotto di ultima generazione quindi non inquinante) e quindi dopo una decina d’anni con le analisi epidemiologiche.
Il dato attuale sugli inceneritori esistenti in Europa ci dice che le diossine vengono emesse (basta un abbassamento casuale di temperatura, ad esempio) e che l’incidenza dei tumori aumenta in funzione della vicinanza agli inceneritori ed è proporzionale alla distanza.
Qui si produce il parmigiano reggiano anche con latte prodotto da caseifici non lontani dall’impianto, la Barilla ha i suoi stabilimenti a due chilometri dall’impianto stesso, tanto per fare due esempi, solo per capire che rischio si corre.
Quanto a CO2 i dati ritengono l’emissione “accettabile”, quanto alle polveri sottili si parla di (costosissimi) filtri che la tratterranno.
Quest’ultimo dato è contestato dalla comunità scientifica che ritiene che le polveri sottili escano comunque in modo ancora più fine (non più PM10 ma PM 2,5, per dire) e quindi ancor più pericolose in caso di inalazione.
(2)

Giampaolo da Parma said

at 2:47 pm on May 11, 2010

Gli argomenti a favore dicono che le discariche sono più pericolose, che lasciare i rifiuti a marcire comunque ci porterà in breve alle condizioni della provincia di Napoli (un po’ come gli argomenti sulla sicurezza….), che gli inceneritori ci sono in tutta Europa e a Vienna persino in centro e che comunque non ci sono alternative.
Non è vero.
C’è un dato, ad esempio, che tutti ignorano ma che è presente in tutti i progetti di inceneritore (lo si può leggere ad esempio sul sito di quello che sarà costruito a Torino, ahimè, con la benedizione di Chiamparino) e cioè che almeno il 30% del rifiuto conferito si trasforma in cenere pesante che deve necessariamente essere smaltita in discarica.
Bruciare i rifiuti significa quindi avere la certezza, oltre che di mandare per aria sostanze di cui nella migliore delle ipotesi non conosciamo la pericolosità o la consistenza (lo sapremo dopo con le analisi epidemiologiche), di dover smaltire una considerevole quantità di scarti, che sono diventati pericolosi dopo che sono stati bruciati rifiuti dalle caratteristiche diverse tutti insieme, in discarica, cioè quel che si è dichiarato di voler evitare.
Ma soprattutto non è vero che non ci sono alternative.
Qui è sorto da tempo un Comitato (Gestione Corretta Rifiuti), di cui non faccio parte ma che annovera iscritti al PD, che non solo ha contestato i dati che comune e provincia hanno distribuito, ma ha predisposto un progetto alternativo, di cui propongo il link (è pubblicato su repubblica.parma) così come del loro sito:
http://static.repubblica.it/parma/alternativainceneritore.pdf
http://www.gestionecorrettarifiuti.it/no-inceneritore/alternative.html
(3)

Giampaolo da Parma said

at 2:49 pm on May 11, 2010

ha come presupposti gli stessi del progetto (implemento della differenziata ad esempio) ma consiste nel trattamento a freddo, senza combustione.
Costa 10 milioni di euro contro 180, darebbe lavoro a più persone, ha un residuo del 5% (non pericoloso perché non bruciato) invece che del 30%, esclude qualsiasi rischio di inquinamento alla fonte, perché non c’è combustione.
Certo, non consente di riscaldare la città facendo pagare al cittadino due volte un servizio, però garantisce comunque guadagni derivati dalla cessione di ciò che si ricava, raggiungendo l’utile in 3 anni invece che 20 (causa i costi ovviamente).
Ma soprattutto elimina ogni rischio rendendo inutile ogni valutazione ipotetica sulle emissioni.
In italia ci sono esempi in piccoli centri, Vedelago (TV), Colleferro (Roma), Tergu (Sardegna).
Il 17 aprile qui c’erano 5 mila persone in piazza, i comitati che seguono la vicenda raccolgono molti nostri elettori, ma molti evidentemente li perdiamo proprio per questo se le liste Grillo che ovviamente sono in prima fila e non scontano alcuna ambiguità politica sul punto hanno preso un 7%.
Ma al di là di questo, mi chiedo: cosa è meglio per la gente, per la popolazione?
Una cosa che costa molto e, nella migliore delle ipotesi, presenta rischi per la salute lasciando un 30% di materiale da mettere in discarica, o una che costa quasi 20 volte di meno, è a rischio zero per la salute e la produzione alimentare, ha un residuo non pericoloso del 5% ed è comunque redditizia (dando lavoro anche a più persone)?
(4)

Giampaolo da Parma said

at 2:50 pm on May 11, 2010

Ecco, io vorrei un PD che usando il buon senso e seguendo il principio di precauzione e della buona amministrazione si schierasse a gran voce per questa ultima soluzione.
E secondo me l’elettorato potenziale del PD è fortemente interessato alla difesa dell’ambiente, ma a quella reale, non ad una difesa fittizia.
Per questo sono fortemente critico con Chiamparino ma anche con Matteo Renzi, che gli inceneritori li difendono, proprio perché mi sembra un approccio vecchio, che non si domanda cosa sarà di noi fra 20 anni, che non va “oltre”.
Invece possiamo andare oltre, e vi assicuro che molte persone sarebbero ben felici di poter votare un grande partito che sia veramente ecologista in modo concreto e non dei ragazzi come i “grillini” (che conosco, che stimo, e con cui bisognerebbe parlare e discutere) che non hanno nulla dietro per poter realizzare qualcosa invece che limitarsi a protestare per qualcosa.
E’ per questo che nonostante le delusioni rimango iscritto, perché le cose le vorrei anche cambiare.
Spero di non essere stato troppo prolisso.
Ciao a tutti.
Giampaolo
(5) [magari si potrebbe aumentare il n. di caratteri?]

Francesco Cerisoli said

at 3:44 pm on May 11, 2010

Giampaolo, purtroppo il PD e' infestato da una quantita' di "piedi per terra" che ti dicono: Si OK per il futuro, ma qui e ora..... Come se un inceneritore fosse qui e ora (vedi quanto tempo c'e' voluto a fare quello di Acerra, per dire...). E puoi tranquillamente aspettarti l'etichettatura da grillino se provi a fare discorsi del genere.
Con tutto questo, la penso esattamente come te.

Giampaolo da Parma said

at 4:00 pm on May 11, 2010

Francesco, essere già in due non è male (due su due!), vediamo come la pensano anche gli altri.
A me non preoccupano le etichette, mi preoccupa il merito e mi preoccupa il futuro.
E dal punto di vista del partito, credo che proporre inceneritori sia un errore prima di tutto culturale.
L'inceneritore (oggi che esistono valide alternative) è il tipico esempio, secondo me, della cultura del berlusconismo, della presumta e millantata soluzione rapida ai problemi, senza curarsi veramente delle conseguenze sui tempi lunghi, badando più all'aspetto mediatico che sostanziale, all'acquisizione di un consenso superficiale ed immediato da parte di elettori che prediligono l'usa e getta come attitudine di vita.
Credo che il nostro target sia sostanziale che elettorale possa e debba essere diverso.

lucasaini said

at 4:47 pm on May 11, 2010

Vediamo se anche il terzo si puo aggiungere.
Circa il resoconto che ho fatto sullo studio, vero è complicato ma lo è la anche questione energetica, se la si vuole affrontare seriamente. Lo studio non propone soluzioni, esprime una metodologia e valuta degli scenari a livello europeo e dimostra che la sostanziale decorbonizzazione del sistema energetico europeo è fattibile tecnicamente e sostenibile economicamente con o senza centrali nucleari. Sta alla politica ed ai singoli stati decidere. Io vivo e lavoro in Francia. Ad oggi credo che per questo Stato non abbia senso abbandonare il nucleare (possiede 54 reattori). Tuttavia non capisco perchè l'Italia debba imbarcarsi in questa avventura quando altre altrenative più confacenti alla natura del nostro territoro sono fattibili. Ricordo che lo studio è stato redatto da McKinsey con anche contributi di ENEL e Terna nonchè di Agenzie Internazionali del settore come la IEA.

lucasaini said

at 4:47 pm on May 11, 2010

Quanto agli inceneritori. Ho dato una occhiata al documento e sembra interessante. Credo che se esistano alternative queste debbano essere esplorate laicamente ovvero senza pregiudizi. Spesso in Italia progettiamo il nostro futuro guardando al passato degli altri. Vero inceneritori ne esistono molti. Anche a Parigi stanno in città. Tuttavia gli inceneritori sono un concetto relativamente vecchio. Non so dare giudizi tecnici in merito alla fattibiltà tecnica ed economica. Fossi pero un amministratore, prima di prendere decisioni farei fare un studio approfondito e tutte le altrenative. E questa sembra meritevole. Solo una nota tecnica. Nel documento, quando si parla di riciclo frazione umida si fa riferimento agli impianti di "digestione anaerobica" come terza opzione anche se giuducata complessa e costosa. Faccio presente che questa tecnica è ampiamente diffusa in Germania (ed abbastanza anche in Italia). Il digestore consente di estrarre biogas dalla frazione umida e da questo produrre metano in modo rinnovabile. Con il metano prodotto si potrebbe (se i volumi lo consentono) fare una centrale a cogenerazione che produce energia elettrica+calore che potrebbe essere distribuito in teleriscaldamento (ovvero si otterrebbe la stessa soluzione del piano iniziale proposto !) Inoltre lo scarto che ne deriva è compostabile e oltre ancora il digestore si presta molto bene anche per "digerire" tutti i residui delle fabbriche alimentari , gli scarti dei fanghi degli impianti di depurazione, le deizioni dei suini e bovini di cui Parma é ricca. Sarebbe un bel progetto da far mettere in mano a qualche università illuminata e magari chiedendo anche il contributo della Comunità Europea. Giusto per essere oltre magari anche in Europa.

Giampaolo da Parma said

at 5:33 pm on May 11, 2010

grazie Luca.
purtroppo il mancato esame delle alternative (in modo serio e senza pregiudizio) è stato uno dei fattori che più hanno caratterizzato, in modo bipartisan, la procedura.
interessante la tua proposta integrativa, cercherò maggiori informazioni.

nico de leonardis said

at 3:25 pm on May 19, 2010

Mi permetto brevemente di dire la mia sulla questione inceneritori.
Non facciamo fughe in avanti al momento attuale l'inceneritore è la tecnologia meno impattante per chiudere (e sottolineo chiudere) il ciclo dei rifiuti.
Produciamo tutti quanti ogni giorno rifiuti. E' un problema amministrativo pesante per i Comuni e non possiamo "rifiutarci di scegliere".
Le nuove tecnologie o le loro rivisitazione come il trattamento meccanico a freddo che inizia a sperimentarsi in Veneto o Sardegna sono promettenti ma al momento i risultati buoni sono su piccole realtà. Prima di consolidare tecnologie e saperi passeranno cinque/dieci anni a dir poco.
Detto questo sugli inceneritori ci potrebbe essere un business a crearne di troppo grandi e con tecnologie superate.
Alcune buone pratiche
-far partecipare la popolazione nelle scelte. Qui a Torino negli anni 90 si fece un tentativo sotto la giunta Bresso parzialmente andato a male. Tuttavia se oggi la provincia ha una buona percentuale di raccolta differenziata è forse anche grazie a quel percorso di presa di conoscenza
-dimensionare l'impianto e utilizzare la miglior tecnologia industriale
-separare i poteri di controllo (ARPA/ASL) dalla gestione dell'impianto. Sembra una banalità ma qui a Torino tempo fa FI nomino un dirigente di un ente di controllo nel CDA!
Nico

Giampaolo da Parma said

at 1:04 pm on May 21, 2010

Ciao Nico
non sono molto d'accordo con quel che scrivi, ti spiego perchè.
Purtroppo, al di là di ogni valutazione relativa alla salute pubblica, l'inceneritore non chiude il ciclo dei rifiuti.
Come certamente saprai, il 30% di ciò che viene portato all'impianto si trasforma in residuo solido (ceneri) che deve essere smaltito in discarica.
nel sito della TRM, quindi relativo proprio all'inceneritore di Torino, trovi la pacifica ammissione di questa circostanza nelle domande e risposte.
http://www.trm.to.it/domande.htm
quindi le discariche sono indispensabili, e il trattamento degli inerti pericolosi è successivo all'incenerimento, che non chiude la filiera.
le tecniche che ho indicato sono assolutamente applicabili anche a comuni di grandi dimensioni, bisogna solo trovarne uno che ci provi e un partito che lo dica.
perchè non dovremmo essere noi?
non credi che sarebbe molto più ficcante e convincente per il cittadino invece che mille parole senza fatti ma con tanti "eco" e "green" dentro?
se poi cinque anni rappresentano un "salto in avanti", ed è il tempo che ci vuole a costruirlo un inceneritore, che sarebbe obsoleto alla sua inaugurazione, mi chiedo che prospettiva possiamo dare ai nostri elettori, che immagine di partito nuovo ed ecologico se riteniamo giusto costruire oggi qullo che sappiamo già potrebbe essere inutile non fra cent'anni, ma alla legislatura successiva?
io credo che se vogliamo andare davvero "oltre" queste domande sia necessario porcele con attenzione.
giampaolo

Francesco Cerisoli said

at 12:08 pm on Jun 8, 2010

Ecoincentivi per l'auto.

Come sappiamo, da molti anni vengono concessi incentivi a chi cambia un'auto vecchia ed inquinante per una nuova. Spesso la differenza in termini di emissioni e consumi e'minima (in una recente puntata di Report si mostrava come alcune Euro 0 fossero ancora capaci di prestazioni paragonabili alle Euro 4, per dire).

Senza pretendere di rivoluzionare questo sistema che ormai e' fion troppo consolidato, vorrei pero' inserire una proposta che puo'anche essere una provocazione: perche' non concedere lo stesso incentivo, o magari anche piu' sostanzioso, a chi rottama una macchina e non la rimpiazza con una nuova? Un nucleo familiare che decide di avere una sola auto invece che due, o addirittura nessuna, dovrebbe ricevere per lo meno lo stesso incentivo che riceve chi cambia l'auto ogni 5 anni. E magari, anche, un sostanzioso "sconto"sui mezzi pubblici. Che ne dite?

Valerio said

at 6:00 pm on Nov 12, 2010

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