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Piccoli e medi (impresa e artigianato)

Page history last edited by andreacivati@... 13 years, 10 months ago

Ciao a tutti,

vi propongo un articolo a firma degli ultimi due rettori dell'Un. Bocconi, sull'evasione fiscale. Cosa ne Pensate?

 

COME BATTERE L'EVASIONE FISCALE IN DUE MOSSE - GUIDO TABELLINI E ANGELO PROVASOLI

 

I provvedimenti previsti nella manovra per combattere l'evasione sono numerosi. Alcuni sono passi importanti nella direzione giusta. Lo è certamente l'uso degli «indicatori di spesa» per determinare presuntivamente il reddito prodotto. Lo sono il tracciamento delle spese e la limitazione dell'uso del contante che, combinati, ostacolano l'economia sommersa e rafforzano l'affidabilità degli «indicatori di spesa». Lo è l'istituzione della ritenuta di acconto sui corrispettivi, che conferma la natura strutturale della detrazione dall'imponibile delle spese di ristrutturazione e di quelle destinate al risparmio energetico. Lo è, da ultimo, l'accatastamento dell'intero patrimonio immobiliare nazionale con la rilevazione dei fabbricati "ombra".

La cosa più importante, tuttavia, è che misure complementari a quelle descritte non sono state assunte. Anzitutto, la manovra non ha inteso monitorare consistenza e composizione dei patrimoni dei contribuenti. Pur disponendo di strumenti adeguati, l'amministrazione non ha mai proceduto a un'inventariazione sistematica e diretta dei patrimoni, specie al di sopra di una soglia significativa. Né ha mai chiesto ai contribuenti una rappresentazione periodica dei rispettivi patrimoni, pur senza tassarli. Poiché la variazione dei patrimoni corrisponde al reddito meno la spesa per consumi, la consistenza patrimoniale è un'informazione essenziale per contrastare l'evasione. Ma di un'iniziativa del genere non v'è traccia nella manovra.

Eppure, il monitoraggio dei patrimoni ben si combinerebbe con gli indicatori di spesa utilizzabili per contrastare l'evasione di importi relativamente modesti, come ad esempio nel commercio al dettaglio, nell'artigianato e nelle professioni autonome minori, in cui è verosimile che il reddito evaso non si trasformi in nuovo significativo patrimonio, ma venga prevalentemente destinato a maggiori consumi. Mentre indicatori patrimoniali al di sopra di una certa soglia potrebbero essere impiegati per contrastare l'elusione che si esercitasse sugli indicatori di spesa.

Questa riluttanza può forse essere spiegata con il timore di indurre una fuga dei capitali all'estero, in un momento in cui la fiducia già è vacillante, perché i risparmiatori potrebbero vedere la richiesta di una dichiarazione patrimoniale come primo passo verso la tassazione della ricchezza. Ma se questa è la ragione, è poco valida.

Innanzitutto, perché la fiducia che conta per un debitore sovrano è quella dei mercati internazionali, più ancora che quella dei risparmiatori italiani; e da questo punto di vista, tanto più è ampia la base imponibile, tanto minore è il rischio di crisi sul debito pubblico. Inoltre, perché le maglie della cooperazione internazionale si stanno stringendo e rendono sempre più difficile tenere all'estero capitali clandestini. Infine, perché l'Italia ha raggiunto equilibri politici da paese stabile e maturo, che rendono difficile immaginare interventi punitivi sui grandi patrimoni.

Un secondo provvedimento che non ha trovato spazio nella manovra riguarda la tassazione dei redditi immobiliari. Oggi parte rilevante del reddito immobiliare sfugge alla tassazione anche per via di un'ampia diffusione di rapporti di locazione irregolari. Qui il contrasto dell'evasione potrebbe realizzarsi con una differente tassazione degli immobili, basata sui «redditi figurativi» anziché su quelli dichiarati. La tassazione catastale degli immobili unirebbe semplicità dell'accertamento con l'incentivo a una miglior utilizzazione economica del bene e sarebbe compatibile con il sostegno alla prima casa o ad altre fattispecie da tutelare. La tassazione separata dei redditi immobiliari, calcolati con riferimento alla reale potenzialità reddituale dei fabbricati, potrebbe anche uniformarsi alla tassazione delle rendite finanziarie, ad esempio con un'aliquota unica del 20 per cento.

Oggi tuttavia i redditi catastali sono del tutto irrealistici rispetto a parametri di mercato. Il contrasto all'evasione dei redditi immobiliari dovrebbe partire dunque dall'identificazione degli immobili "ombra" contenuta nella manovra, per poi svilupparsi con iniziative di tassazione differenti che per essere efficaci dovrebbero però portare a una radicale revisione dei valori catastali. A questo dovrebbero lavorare congiuntamente amministrazione finanziaria dello Stato e amministrazioni locali.

Come ha ricordato il Governatore Mario Draghi nelle sue Considerazioni Finali all'Assemblea di Banca d'Italia, l'illegalità e la corruzione sono tra i mali più gravi che affliggono il nostro paese. L'evasione fiscale ne è un aspetto rilevante. Sconfiggere evasione e illegalità aiuterebbe anche la crescita. Non solo per la ragione ovvia che diventerebbe possibile abbattere le aliquote sul lavoro. Anche e forse soprattutto perché consentirebbe una migliore allocazione delle risorse. L'evidenza empirica conferma che la produttività aggregata cresce soprattutto grazie all'afflusso di risorse e fattori produttivi verso le imprese e i settori più dinamici ed efficienti. Ma in Italia evasione fiscale e illegalità sono un ostacolo importante sulla strada di una migliore allocazione delle risorse. Le imprese restano piccole e sottocapitalizzate anche perché i mercati finanziari temono che i bilanci non siano veritieri. Il lavoro si dirige verso l'economia sommersa o verso le professioni e i settori dove vi è il vantaggio fiscale di una più facile evasione. La criminalità organizzata e l'illegalità diffusa scoraggiano l'afflusso di capitali dall'estero e rendono praticamente impossibile investire in alcune zone del paese. Tutti questi ostacoli diventerebbero meno rilevanti a fronte di una guerra senza quartiere all'evasione e all'illegalità.
Per tutte queste ragioni, ha fatto bene il governo a mettere la lotta all'evasione al centro della manovra. Ma per sconfiggere questa piaga, si può e si deve fare di più.

 

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Negli scorsi anni è stata fatta una politica di sostegno alla creazione d'impresa pensando che fosse la panacea, con il risultato di avere tante nuove imprese create senza occuparsi poi dell'accompagnamento e dell'incubazione delle stesse. Inoltre, tante piccole imprese sono state create perché questa costituiva apparentemente l'unica opportunità per l'entrata o il reinserimento nel mondo del lavoro. Quante persone adesso si trovano in difficoltà perché queste imprese non solo non sono sostenibili ora, ma non lo erano neanche all'inizio? Quante di queste sono in realtà fantasma, nel senso che non sono state capaci di stare sul mercato perché non c'erano né le premesse, né le conoscenze (quelle legislative ed economico/commerciali), né competenze, né la motivazione, né i fondi per avviare un'attività che si rivelasse solida? Tante. Quante voltesi è pensato e si pensa tuttora che nella piccola impresa ci si deve buttare quasi allo sbaraglio? Certamente, adesso vanno aiutate le imprese che già esistono e che si trovano in serie difficoltà.

 

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Cari,

vi propongo una riflessione presa da un'articolo de Il Sole 24ore. Ma le partite Iva sono solo italiane? Forse anche questo andrebbe consierato....

 

Piccoli imprenditori: 14mila nuove partite Iva
il Sole, 17-05-2010 
Léonard Berberi

Un pò meno Italia e un pò più Babilonia. Diminuiscono i Franco, Giovanni e Michele. Aumentano i Mohammed, Nicolai e Felipe. Da un lato le 3omila piccole imprese italiane che nel 2009, secondo Unioncamere, mancano all'appello. Dall'altro le oltre 14rnila nuove partite Iva straniere.
L'imprenditoria etnica resiste meglio alla crisi? Solo in parte. Perché, avverte Domenico Mauriello, del centro studi Unioncamere, «il salto, anche se positivo, è per la prima volta inferiore alle performance degli anni precedenti».
L'anno scorso gli stranieri che hanno avuta una carica in un'azienda (titolare, socio, amministratore) sono stati quasi 600mila. Cifre in costante aumento. Così come in aumento, secondo Infocamere, sono anche le imprese individuali con un titolare straniero. Al 31 dicembre 2009 risultavano iscritte 324.749 partite Iva non italiane. Rispetto all'anno precedente, il 4,5% in più. «La performance positiva - continua l'esperto Unioncamere - dimostra che il sistema in parte ha tenuto. Ma ci dice anche che quegli immigrati espulsi dal mercato del lavoro a causa della crisi hanno scelto Pauto-impiego, aprendo una propria partita Iva».
Ogni cento imprese individuali, nel 2009, 77 risultano guidate da extracomunitari. Significative anche le "quote rosa": in media, poco più di una partita Iva su cinque è assegnata a una donna.
Il "commercio all'ingrosso e al dettaglio", poi, si conferma la voce più importante (121.710 ditte individuali, pari al 37,5% circa) se si guarda il settore. Seguono le "costruzioni" (103.525) e le "attività manifatturiere" (29.811). Ma il primato cambia nella suddivisione tra comunitari e non. Se la metà degli imprenditori Uè (48,37%) si dedica alle "costruzioni", quelli extracomunitari preferiscono il "commercio". «Nel primo caso, il valore risente dell'attività dei romeni, concentrati sull'edilizia - spiega Mauriello -. Nel secondo, pesa la scelta dei nordafricani, con i negozi di cibo etnico, e dei cinesi".
Il Marocco guida la classifica delle nazionalità più attive con 48.059 individui. Segue la Romania (35.592) tallonata dalla Cina (34.595).
A livello territoriale, infine, la Lombardia resta la regione preferita per aprire un'impresa: l'anno scorso qui c'erano 56451 ditte individuali. Dietro, la Toscana (oltre 34 mila) e l'Emilia Romagna (poco più di 31 mila). «Un caso molto particolare è la provincia di Prato - chiarisce l'esperto -, dove le imprese cinesi pesano in modo significativo nell'economia della zona e in parte anche della regione». Nel 2010 la situazione non dovrebbe cambiare di molto. «Le partite Iva straniere continueranno ad aumentare - conclude Mauriello -ma a ritmi inferiori rispetto al passato e sempre più verso una stabilizzazione».


Comments (26)

camilla said

at 9:08 am on Apr 15, 2010

ciao, vorrei contribuire qui. Mi sembra opportuno inserire anche il capitolo del LAVORO AUTONOMO e della FEMMINILIZZAZIONE DEL LAVORO, con riferimento culturale Sergio Bologna e gruppi connesssi. Poi vorrei sapere come metodo che si fa? Come si lavora? Camilla

robertocaprioli said

at 3:32 pm on Apr 20, 2010

Per me un discorso sull'impresa e artigianato è legato all'innovazione. Infatti penso che l'innovazione è strettamente connessa alla possibilità di fare impresa, piu è facile fare impresa piu è facile avere innovazione. Innovazione che io intendo il fornire nuovi servizi, prodotti (o solo migliori) cioè portare novità nel mondo dell’impresa e non solo come nuove scoperte scientifiche.
Istituire uno sportello unico a cui presentare tutta la documentazione (sia nel caso di apertura partita Iva che di una società), e fare in modo che sia lui a far circolare le informazioni all'interno della burocrazia. Sportello che dovrebbe dare risposte in tempi brevi.

Silvia Pedemonte said

at 5:29 pm on Apr 22, 2010

Per quanto riguarda l'apertura burocratica delle aziende (iscrizioni Camera di Commercio, INPS, INAIL, P.IVa) è stato istituito dal 1 Aprile il sistema Comunicando. Presentando un'unica comunicazione via web riesci ad iscriverti nel sistema dei diversi enti.
Oggi si parla molto di innovazione, ma non so quanto effettivamente questo tocchi le piccole medie imprese. Oggi queste hanno bisogno di un sistema creditizio che le supporti e le aiuti a superare questo momento di crisi. Io lavoro in una società regionale e mi occupo di finanziamenti pubblici per la creazione di piccole medie imprese in questo momento sono davvero pochi quelli che investono in nuove imprese, ma sono tanti quelli che abbiamo aiutato ad aprire che oggi si trovano in difficoltà. Occorre investire su quelle che sono già presenti sul mercato. Supportarle con accordi con il sistema creditizio, occorre creare una maggiore sinergia tra ricerca e piccole medie imprese.

robertocaprioli said

at 11:10 am on Apr 23, 2010

mi sembrava troppo semplice come idea perchè nessuno la mettesse in pratica.
Penso anch'io che in Italia serva una revisione del sistema creditizio, in quanto da sempre sulle banche vale la frase " se vuoi i soldi devi avere i soldi" che si adatta un po poco al concetto di impresa.

camilla said

at 11:19 am on Apr 23, 2010

Primo punto non è vero che le piccole imprese siano aumentate per iniziativa pubblica. Sono una caratteristica tipica dell'Italia e le iniziative pubbliche sono servite solo a buttare soldi. E' vero che mancano le competenze amministrative e normative ma questo perché le procedure burocratiche italiane sono demenziali e costose. In tutti i paesi del mondo si favorisce la nascita delle piccole imprese alleggerendone l'onere economico e burocratico perché il valore consiste nell'idea imprenditoriale e non nelle competenze amministrative e burocratiche. Solo in Italia l'aiuoto alle piccole imprese è in gran parte erogazine di corsi non per insegnare e far l'imprenditore ma a gestire le pratiche. Quanto alle principali cause del fallimento queste sono dovute appunto al sistema Italia, dal costo della burocrazia al fatto che il cliente non è obbligato a pagare nei tempi contrattuali.
Nota metodologica: non mi sembra che un lavoro politico su questi argomenti si possa sviluppare unicamente tramite post su singoli argomenti. Il forum può servire dopo per pubbblicare il lavoro politico e ricevere i commenti.

Damiano G. Dalerba said

at 12:50 pm on Apr 23, 2010

Bisogna ripartire dalle piccole esigenze. Chi ha aperto una PMI (non parlo in questo caso del "popolo delle Partita IVA" di chi cioè ha dovuto aprire una partita iva per continuare a lavorare con meno diritti all'interno di una azienda; questo fenomeno merita un discorso a parte che farò dopo) aveva un progetto commerciale e/o industriale. Le scelte politiche pratiche che potrebbero migliorare il nostro lavoro sono, come dicevo, nelle piccole cose.

In primo luogo bisognerebbe far si che l'iva non debba essere versata contestualmente all'emissione delle fatture, ma solo all'incasso delle stesse. In questo modo le aziende non si esporrebbero pagando subito soldi che non hanno ancora incassato (e che in alcune casi, quando le fatture rimangono insolute, non verranno mai incassati).

In secondo luogo le PMI che spesso fatturano importi modesti devono essere tutelate nei pagamenti. Le procedure legali per la riscossione di fatture non pagate sono infatti molto onerose e spesso sono superiori al ricavo netto o all'importo della fattura stessa e diventa quindi antieconomico procedere. Una possibile soluzione potrebbe essere quello di riformare in accordo con il sistema bancario il concetto delle Ri.Ba facendo si che diventino uno strumento più simile alle Lettere di Credito. Il pagamento dovrebbe essere cioè in mano a un terzo garante (la banca) che a fine lavoro se non ci sono contestazioni valide provvede al pagamento.

Si dovrebbe poi rendere impossibile, attraverso pene penali molto severe, il proliferare di aziende che vivono attraverso continui fallimenti e spostamenti. Ci sono aziende che comprano materiali per decine di migliaia di euro, non le pagano, le rivendono guadagnandoci poi falliscono e riaprono con altro nome a pochi chilometri un mese dopo. Il danno alle PMI che incappano in questi criminali è incalcolabile.

Damiano G. Dalerba said

at 12:50 pm on Apr 23, 2010

e ragioniamo invece sul tema delle riforme dobbiamo pensare a cambiare completamente il sistema degli obblighi burocratici che non solo portano via moltissime ore lavorative ma spesso obbligano le PMI a rivolgersi a costosi consulenti esterni che aumentano di molto le spese di sopravvivenza. Questo vale ad esempio sia verso il Fisco che per gli obblighi sulla Sicurezza, sulla Privacy, sull'INPS etc etc. Ci vorrebbe un manuale per il piccolo imprenditore per tutti gli obblighi ed un sistema informatizzato per rendere tutti l'adempimento degli stessi “user friendly”.

Per quanto riguarda il “popolo delle partite Iva” di cui sopra, il tema va affrontato nel sistema più complesso della precarizzazione del Lavoro. Il punto infatti non è quello di come aiutare quella PMI ma come impedire che nasca una PMI in luogo di un posto di lavoro a tempo indeterminato.
Credo che il Partito Democratico si debba assumere la responsabilità di aver avvallato in passato tesi di liberalizzazione del mercato del lavoro che hanno esploso la precarieta di intere generazioni di questo paese. Si deve tornare al passato; l'utilità dei contratti lavorativi flessibili non deve essere solo per le Aziende o solo per il lavoratore, ma di entrambi. Bisogna identificare in modo netto quando si passa il confine tra utilità reciproca e sfruttamento, istituendo pene severissime per chi si comporta in modo scorretto. Si deve impedire il continuo rinnovo di contratti precari per il medesimo lavoratore all'interno della medesima azienda. Si deve impedire che si adottino continui contratti precari per il medesimo ruolo lavorativo all'interno della medesima azienda. Si deve impedire che il titolare di una partita iva lavori fisicamente in modo continuativo all'interno di una azienda esterna!

robertocaprioli said

at 12:04 pm on Apr 27, 2010

L'idea sull'Iva di Damiano mi sembra sensata questo sarebbe un modo per non togliere liquidità alle aziende.

Per risolvere il problema degli insolventi o di chi truffa servirebbe una giustizia amministrativa che funziona, ma se anche funzionasse bene i suoi interventi non potrebbero essere mai immediati.
Un paliativo preventivo puo essere l'istituzione di un registro dei cattivi pagatori, negli US gia c'è. La regola per essere iscritti nel registro dovrebbe essere l'aver pagato con un certo ritardo 3 fatture. Per essere cancellati basterebbe segnalazione di avvenuto pagamento da parte di chi ha fatto denuncia.
Nel registro si troverebbero oltre il nome della società anche indicazioni sui soci.
In questo modo prima di contrarre un credito posso controllare con chi ho a che fare. (è una cosa che il sistema creditizio gia fa, si tratta solo di replicarlo).


Claudio Lucii said

at 7:53 pm on May 1, 2010

Dobbiamo proporre, come è stato già fatto, che fino ad un reddito annuo di 70.000 Euro vi sia una tassazione forfettaria che raccolga tutte le tasse e contributi per i giovani professionistie per le micxro ditte artigianali.

Francesco said

at 10:27 am on May 7, 2010

Concordo con Damiano, il tessuto imprenditoriale italiano è sempre stato caratterizzato da piccole o piccolissime imprese, alla grande imprenditoria abbiamo rinunciato molti anni fa, quando eravamo i "padroni" della chimica e della metallurgia.
Per quanto concerne gli aiuti concessi, molti sono stati positivi o quantomeno la ratio con la quale erano stati progettati era positiva, sviluppo italia ad esempio se non si fosse persa in mille affari ed avesse gestito solo i finanziamenti della 185/2000 avrebbe potuto fare bene, il dramma è stato l'utilizzo indiscriminato del fondo perduto con il quale moltissimi "imprenditori" mal consigliati da consulenti avidi sono riusciti a garantirsi della liquidità momentanea senza però fare investimenti finalizzati allo sviluppo della propria azienda. Per aiutare le piccole e piccolissime imprese (comunque punto di forza del sistema italia) bisognerebbe agevolarne l'accesso al credito e renderlo uguale per tutti (è assurdo pensare che il danaro costi di più al sud rispetto al nord) la storia del rating è una cazzata (scusate il francesismo) i bilanci che vengono portati in banca sono generalmente ritoccati e nel 90% dei casi nessuno in banca sa leggere un bilancio e si affida a qualche insulso programmino; bisognerebbe consentire il pagamento dell'iva all'incasso (concordo ancora con Damiano); bisognerebbe studiare per le aziende forme di finanziamenti in conto interessi; bisognerebbe migliorare la viabilità soprattutto qui al sud che ci impedisce di distribuire i ns. prodotti non solo in italia ma nelle nostre stesse regioni; bisognerebbe infine provare a mettere tutti sullo stesso piano lottando l'evasione, perchè chi gareggia regolarmente non può competere con chi si dopa e per fare questo inizierei dal mettere "l'uno contro l'altro" acquirente e venditore consentendo al primo di "scaricare" ogni spesa altrimenti preferirà sempre pagare qualche euro in meno piuttosto che farsi fare fattura.

Silvia Pedemonte said

at 12:57 pm on May 7, 2010

L'idea di rendere scaricabile ogni spesa sarebbe un buon modo per combattere l'evasione, così come l'utilizzo della sola moneta elettronica per i pagamenti.
I finanziamenti pubblici hanno diversi problemi, quello indicato da Francesco D.Lgs 185/00 lo conosco molto bene perchè ci lavoro da ormai 5 anni (non come consulente "succhiasoldi", ma come controllore in Liguria) e in effetti secondo me andrebbe strutturato diversamente e ha perso il suo scopo primario quello di combattere il lavoro nero. Senza contare che oggi occorre investire più nel mantenimento delle aziende esistenti e non nella creazione di nuove imprese.
Noi ci stiamo scambiando le nostre impressioni e trovo che la cosa sia fantastica perchè sono emerse parecchie idee valide che andrebbero messe a punto. La riforma fiscale e bancaria e alla base dei problemi delle PMI almeno per come la vedo io.
Ma mi chiedevo se qualcuno di noi è imprenditore?
Come facciamo a contattare gli imprenditori e capire quali sono le loro effettive esigenze? Se creassimo un questionario da far girare secondo voi servirebbe?

Damiano G. Dalerba said

at 1:05 pm on May 7, 2010

Io sono un imprenditore ;)

Francesco said

at 1:45 pm on May 7, 2010

Sono diverse cose tra cui anche imprenditore :-))
Io credo essenziale che le banche entrino a far parte del mondo reale ed abbiano ad offrire servizi all'imprenditoria coerenti con i tempi che viviamo.
Mi spiego meglio perchè credo che la questione banche oltre alla deburocratizzazione della P.A. ( a proposito è vero che è stata introdotta la comunicazione unica, ma quanti soldi e quanto tempo va via per avviare un'attività? ASL, Ufficio tecnico, Comunicazione Unica che nessuno ancora sa bene come deve funzionare in tutti i suoi aspetti, HACCP fasulle, Sicurezza fasulle) le banche dovrebbero avere il compito di prestare soldi non di accumulare risparmi (è facile poi dire che le banche italiane sono solide, vivono dei risparmi degli italiani che sono sempre stati grandi risparmiatori ed investirori in beni durevoli tipo case che danno a garanzia e prestano pochissimo denaro a pochissime persone a tassi inverosimili fate un po' voi) solo così l'imprenditore potrà muovere denaro e fare investimenti nella propria azienda.

Silvia Pedemonte said

at 1:56 pm on May 7, 2010

E poi dicono che gli imprenditori non votano PD :-)
Concordo con Francesco. Le banche oggi per gli imprenditori sono un ostacolo e non un aiuto. Io vedo i miei imprenditori faticare per tenere aperto, gente che fino ad oggi è sempre stato un buon pagatore che si vede chiudere le porte dalle banche. Non ammettono neppure un giorno di ritardo, ti chiamano a casa per dirti dello scoperto di poche centinaia di euro. Chi aveva aperture di credito se l'è viste chiudere in batter d'occhio.
La burocratizzazione delle aziende è un problema ulteriore, perchè ha creato una categoria di lavoratori che mangiano soldi agli imprenditori per diventare il responsabile sicurezza, per fargli fare i vari corsi ecc. Senza per altro portare effettivamente al miglioramento della sicurezza sul lavoro. :-(
Ammiro molto chi decide di fare l'imprenditore, non è una vita facile.

stefano c. said

at 4:12 pm on May 12, 2010

Ciao a tutti, cerco di fare una sintesi delle proposte avanzate finora, dalla quale farvi ripartire nella discussione che, devo dire, mi sembra fruttuosa:

Far si che l'iva non debba essere versata contestualmente all'emissione delle fatture, ma solo all'incasso delle stesse.

Tutela delle PMI che spesso fatturano importi modesti, con uno strumento più simile alle Lettere di Credito. (Il pagamento dovrebbe essere cioè in mano a un terzo garante (la banca) che a fine lavoro se non ci sono contestazioni valide provvede al pagamento)

Cambiare completamente il sistema degli obblighi burocraticisia verso il Fisco che per gli obblighi sulla Sicurezza, sulla Privacy, sull'INPS etc etc..

Un manuale per il piccolo imprenditore per tutti gli obblighi ed un sistema informatizzato.

Servirebbe una giustizia amministrativa che funziona; un paliativo preventivo può essere l'istituzione di un registro dei cattivi pagatori, negli US gia c'è.

Fino ad un reddito annuo di 70.000 Euro vi sia una tassazione forfettaria che raccolga tutte le tasse e contributi per i giovani professionistie per le micro ditte artigianali.

Agevolare l'accesso al credito e renderlo uguale per tutti (è assurdo pensare che il danaro costi di più al sud rispetto al nord).

Studiare per le aziende forme di finanziamenti in conto interessi.

Lotta all'evasione, perchè chi gareggia regolarmente non può competere con chi si dopa e per fare questo si potrebbe cominciare dal mettere "l'uno contro l'altro" acquirente e venditore consentendo al primo di "scaricare" ogni spesa, altrimenti preferirà sempre pagare qualche euro in meno piuttosto che farsi fare fattura.

Utilizzo della sola moneta elettronica per i pagamenti.

Silvia ha lanciato l'idea del questionario. Sarebbe bello riuscire a prepararlo, ma ci serve anche un gruppetto di volenterosi che riesca a sottoporlo alle aziende e a trarne le conclusioni. Se qualcuno è disponibile, non si nasconda! :)

robertocaprioli said

at 11:58 am on May 18, 2010

io una mano per il questionario la do volentieri se serve.

pier said

at 11:58 am on May 23, 2010

Io rovescerei il problema: perché le aziende italiane sono piccole? Siamo sicuri che le PMI siano in grado di competere nel mondo globalizzato nel quale siamo?

Un motivo del perché le aziende italiane sono piccole è che oltre i 15 dipendenti entra lo statuto dei lavoratori che genera troppe rigidità. Bisogna far sì che queste rigidità vengano meno penalizzando il meno possibile i diritti, sennò si finisce cannibalizzati dalle aziende cinesi, che lavorano praticamente con gli schiavi, in questo senso le proposte sono già in campo (per esempio scalfarotto qui http://tinyurl.com/33gk22q )

Oltre alle dimensioni (che abbattono i costi) l'innovazione è fondamentale per rimanere a competere sul mercato globale: le aziende per rimanere competitive devono essere fortemente innovative, sennò di nuovo torniamo ad essere cannibalizzati dai cinesi che lavorano con gli schiavi...
In sostanza con il tessile e le piccole aziende familiari non si va da nessuna parte, se non verso l'irrilevanza.
Per me bisogna attuare politiche che incentivino la crescita (in termini di dimensioni fatturato etc..) delle PMI verso aziende grosse e più solide, il tutto incentivando l'innovatività (ad esempio detassando le spese di ricerca e sviluppo) e cercando di aumentare il più possibile i collegamenti impresa-università.

Francesco said

at 1:51 pm on May 24, 2010

Io invece credo molto nel sistema imprenditoriale italiano che è stato la salvezza dell'italia fino a questo momento. Bisognerà pure ammetterlo (prima o poi) che ci siamo sempre salvati grazie ai "doppi lavori" agli investimenti che tanti piccoli fanno. Sono poi daccordo nel merito che la salvezza del nostro sistema passa attraverso la ricerca (ma anche il tessile può farla) ed il collegamento con l'università, l'innovazione (ma anche le piccole familiari possono farla) ed una sostanziale riduzione del costo del lavoro.
E' altresì chiaro che i sindacati dovranno prima o poi smetterla di difendere rendite di posizione ormai indifendibili e pensare al futuro e non soltanto agli interessi dei loro iscritti...

pier said

at 3:41 pm on May 24, 2010

Non so... senz'altro ci sono spazi per innovare nel tessile, ma quando penso a innovativo non è proprio il primo ambito che mi viene in mente.. in sostanza non credo ci sia così tanto da inventarsi a differenza dell'IT, delle telecomunicazioni , delle biotecnologie, della green economy etc..

Come fa un'azienda da 15 dipendenti a fare ricerca? Esternalizza in un'università? Siamo sicuri che possa accollarsi una borsa di studio? Le spese in ricerca si ripagano nel medio-lungo periodo per cui o le piccole fanno sistema e si mettono assieme (magari fondendosi come suggerivo nel mio intervento precedente) oppure la vedo quantomeno difficile, anche perché se il sistema fosse veramente in grado di competere non avremmo tutti questi problemi e non saremmo sostanzialmente fermi da più di 10 anni: adesso non si può più svalutare la lira bisogna far le cose meglio degli altri...

Il costo del lavoro non si può ridurre più di così: la soluzione è fare cose migliori e innovative. Cercare di andare a competere contro i cinesi in termini di riduzione del costo del lavoro è folle! L'elettronica viene prodotta in cina perché costa meno pagare un cinese che usare un robot in europa...

robertocaprioli said

at 6:25 pm on May 25, 2010

penso che i motivi per cui in Italia le aziende da medio-piccole non riescano a evolversi in grandi siano anche altri.
Altri motivi che sono: la mancanza di un sistema paese che lo favorisca, la difficoltà nel reperire i capitali necessari e anche una mancanza di cultura imprenditoriale.
Se alcuni settori sono in crisi (come il tessile) non lo sono perchè esiste lo statuto dei lavoratori ma è perchè c'è stata una totale miopia dei piu rispetto a quello che gli avveniva intorno.
Poi che lo statuto vada rivisto io sono piu che d'accordo.

lucioscarpa said

at 11:45 pm on Jun 14, 2010

mi pare sintomatico che per lanciare la discussione si sia proposto un articolo su come ridurre l'evasione fiscale...
una delle tante cose che mi allontanano sempre più dal PD. e si che come piccolo imprenditore parlo spesso con i "compagni" di quali siano i problemi di noi piccoli, e di come l'evasione sia concentrata in una piccola percentuale di grandi evasori.
dal PD (e ancora più da oltre) mi aspetto proposte che mettano in condizione le piccole aziende di crescere, ad esempio:
semplificazione delle pratiche per la creazione di una società. oggi chi vuole aprire una piccola srl deve prepararsi a una trafila lunghissima e ad esborsi non da poco. ad esempio è obbligatorio andare da un notaio (da 1000 a 2000), serve un commercialista che aiuti a scrivere l'atto costitutivo (altri mille), ci sono le varie imposte della camera di commercio (500/800). e tutto questo senza neanche iniziare a respirare.
non potrebbe fare tutto la camera di commercio? saltando due passaggi ed esborsi consistenti.
- i soci devono essere iscritti all'inps e pagano, come minimo, 2800 euro l'anno. giusto che abbiano la rpevidenza obbligatoria, ma vale anche se hanno altre posizioni previdenziali aperte, e anche se la società è in passivo. bisogna renderla facoltativa.
- semplificazione delle procedure a carico dell'azienda. oggi è durissima non doversi rivolgere ad un commercialista, semplificando una piccola società potrebbe gestire buona parte delle proprie attività da sola (altri 2 o 3 mila euro risparmiati)
- problema collaterale è quello del costo del lavoro. a una piccola start up che assume andrebbero garantiti degli sgravi fiscali, altrimenti tutte continueranno a usare contratti a progetto farlocchi o finti stage. provate voi a spiegare a un giovane dipendente che a lui arrivano 800 eruo, ma l'azienda ne paga 1500 :(
...

camilla said

at 8:01 am on Jun 15, 2010

Esiste anche una tassa per il presidente!!!!2 o 3 mila euro. Siamo alla follia pura e appunto il PD si occupa di evasione, sacrosanto farlo ma come dice Lucio con le piccole imprese non c'entra. Ed è utile ricordare che le uniche misure concrete di agevolazione (pochissime, niente di trascendentale) sono state fatte dai governi di Berlusconi (pagamento fatture).

lucioscarpa said

at 4:59 pm on Jun 15, 2010

ah. dimenticavo.
le mie considerazioni per le piccole società valgono ancora di più per i titolari di partita IVA. troppi costi e troppa burocrazia, soprattutto se pensiamo a quanto stia crescendo il numero di questi, soprattutto perché troppo spesso si firmano contratti ci collaborazione invece che di assunzione.
@Camilla. non è una vera tassa sul presidente (titolare). sono soldi che finiscono nei contributi e formeranno la pensione, ma è assurdo determinare l'ammontare minimo. 2.800 euro corrispondono ad un reddito di circa 30 mila euro l'anno. vero che per meno non ha senso fare l'imprenditore, ma mica tutti (e tutti gli anni) arrivano a quelle cifre.

lucioscarpa said

at 5:41 pm on Jun 15, 2010

segnalo un articolo di oggi di phastidio: http://phastidio.net/2010/06/15/liberta-e-mercati-meglio-la-legge-sulla-concorrenza/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+phastidio%2Flhrg+%28Phastidio.net%29

ci sono alcune cose dette da Catricalà che sono sacrosante:
Ciò che va inserito nella legge annuale sulla concorrenza lo suggerisce Catricalà stesso. In primo luogo, occorre tutelare le piccole e medie imprese dallo strapotere delle grandi imprese e della pubblica amministrazione. Perché le PMI, osserva Catricalà, “sono esposte alle stesse scorrettezze che colpiscono i consumatori”, e sono “costrette a tollerare prassi illecite di grandi aziende e di pubbliche amministrazioni, come la mora nei pagamenti”. Certo, se in questo paese ci fosse una giustizia civile (in ogni senso), questo problema non sarebbe così drammatico. Invece, “I tempi della giustizia civile non consentono una tutela immediata contro i ritardi. Il problema non è di stabilire scadenze certe, già previste dall’ordinamento, ma di farle rispettare con efficacia. L’Autorità è in grado di dare tutela tempestiva a questo settore caratterizzante la nostra economia”
(esperienza mia personale. per incassare dalla RAI ho impiegato 8 mesi, dalla regione Veneto 6. tempi che mettono in ginocchio chi è costretto a sostenere i costi di produzione in anticipo, anche perché le banche non concedono fidi temporanei o anticipi su fattura superiori ai 4 mesi)

Basterebbe che governo e parlamento lo volessero, ad esempio inserendo la tutela antitrust delle PMI nello statuto delle imprese. Ma Catricalà segnala anche l’elevato costo di alcuni input produttivi, la cui responsabilità ricade interamente sulle spalle del legislatore:

“I costi degli input produttivi sono più alti della media europea: 28% in più per l’energia elettrica, 6% in più per i fidi, 100% per la responsabilità civile automobilistica”

Giulio Pascali said

at 1:06 pm on Jul 4, 2010

sul forum precariato ho espresso osservazioni simili a quelle di Scarpa
l'italia è l'unico paese dove l'anticipo all'atto dell'incarico non è una prassi consolidata.
i grandi sistemi bancari non hanno interesse a favorire il miglioramento di questo sistema lucrando sugli anticipi delle fatture, sulla migliore "solidità delle grandi imprese", sulla precarietà diffusa che non riguarda solo i "precari tradizionali" ma si sta allargandosempre di più a strati sociali eterogenei
occorre superare la contrapposizione tra dipendente e padrone che spesso vivono sullo stesso piano..

lucioscarpa said

at 1:32 pm on Jul 6, 2010

c'è qualcuno che fa una sintesi della discussione o questo spazio serve solo per dire che "noi abbiamo il wiki, noi ascoltiamo" e poi i documenti li scrive qualcuno senza ascoltare?

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