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Formazione e ricerca

Page history last edited by Francesco Rocchi 13 years, 10 months ago

Lascio qui le mie idee sulla scuola. Sono abbastanza vaghe, ma spero che almeno qualcuna possa risultare interessante.

 

 

1) Vera autonomia scolastica: fatto salvo uno scheletro davvero minimo di materie comuni, le scuole decidono la loro didattica autonomamente. Un sistema scolastico dove tutti leggono gli stessi libri e imparano le stesse cose e' una follia (il contrario del famoso "senso critico"). Non e' piu' proponibile che tutte i quindicenni della Repubblica leggano i Promessi Sposi: per alcune classi va bene, per altre c'e' bisogno di Carlo Levi, per altre di Rodari (eh si'), e cosi' via. Il territorio ha tanto da offrire, ma le scuole non hanno l'elasticita' per coglierne i frutti. Uno Scientifico di Pozzuoli dovrebbe poter insegnare geologia, uno di Torino ingegneria. E via discorrendo.

 

2) Introdurre piani quinquennali di sviluppo, approvati dal parlamento o dal governo (un po' come dei DPEF per l'economia). Quali sono le materie da promuovere o sostenere nel futuro? Quale tipo di scuole vanno aperte (o chiuse) e dove? Quanti e quali insegnanti lo Stato si aspetta di formare nell'arco di 5 anni? Quali sono gli obiettivi da raggiungere? Tutto questo deve essere discusso e dichiarato pubblicamente. La discussione puo' articolarsi tanto a livello nazionale quanto locale. Gli aspiranti insegnanti avrebbero cosi' anche delle indicazioni su quali studi intraprendere, e le universita' potrebbero rispondere per tempo ai bisogni del sistema nel suo complesso.

 

3) Le classi vanno portate nel terzo settore. Portate nei campi, nei boschi, nelle citta' e all'estero senza dover pagare dazio alle voraci agenzie di viaggio. Cose che si possono fare anche oggi, ma solo con tonnellate di burocrazia.

 

4) Riforma del sistema ispettivo e aumento del numero degli ispettori scolastici. Ad oggi le ispezioni sono rarissime (300 ispettori in Italia contro i circa 3000 operativi inglesi) e si attivano soltanto su richieste precise. Tutte le scuole della repubblica devono invece essere monitorate almeno una volta in 4 anni anni (come in Olanda, Gran Bretagna ed altri paesi). I risultati delle ispezioni devono essere pubblici, in modo che i genitori se ne possano giovare. Le ispezioni devono sottolineare le buone pratiche e offrire consigli su come risolvere i problemi. Le scuole con problemi devono essere monitorate piu' da vicino. Gli ispettori (o almeno i capo-ispettori, come in Inghilterra) dovrebbero avere tutti esperienza di insegnamento. Le scuole d'altro canto dovrebbero auto-valutarsi in modo da offrire una base di valutazione tanto agli ispettori quanto alle famiglie (si tratta di estendere ed approfondire il POF).

 

5) Conferenze regionali e nazionali o autogestite per condividere buone pratiche. "Ehi, ma voi a Verona come lo insegnate il Latino? Noi facciamo cosi' e cosa', ne parliamo? Associazioni di insegnanti, come il CIDI, esistono, ma la cosa puo' essere ampliata e istituzionalizzata.

 

6) Aumento del monte ore per docente ma non delle lezioni frontali: con tre, quattro, cinque ore in piu' alla settimana (retribuite, il problema qui sono i soldi), le scuole possono tenere aperte le loro biblioteche, diventare centri studio (e finalmente discutiamo le scelte didattiche), centri di accoglienza, musei, qualsiasi cosa. I dipartimenti diverrebbero qualcosa di utile, le materie comincerebbero a dialogare (mai pensato di fare geometria dai testi originali in greco?). Gli studenti si gioverebbero delle attivita' sociali della scuola, che a sua volta offrirebbe servizi alla cittadinanza.

 

7) Abolizione dei testi obbligatori:  i libri di testo costano un sacco di soldi. Si cerca di calmierarne il prezzo ma generalmente invano. Le case editrici fanno pagare gli aggiornamenti (spesso superficiali) a peso d'oro. Molti professori saprebbero e vorrebbero farne a meno: basterebbe lasciarli fare e le famiglie respirerebbero un po'.

 

8) Abolizione delle graduatorie: il reclutamento attuale e' semplicemente folle. Inefficiente, ingiusto e costoso, tanto nei confronti degli studenti quanto dei professori. Oggi e' un turbinio di trasferimenti, assegnazioni provvisorie, cattedre a scadenza. Se ogni scuola potesse provvedere ad assumere i suoi insegnanti, tutto questi problemi verrebbero ridotti drasticamente. Con colloqui di lavoro ed esame dei curricula tutte le sciocche polemiche sull'origine geografiche dei prof sarebbero messe a tacere: se sei bravo, lavori. I genitori potrebbero avere una funzione di controllo, perche' sarebbero  fortemente motivati a denunciare possibili abusi: accetterebbero che per il nepotismo di un preside il figlio abbia un cattivo professore?

 

9) Alcune universita' gia' offrono corsi di laurea part-time (Bari, ad es.). Questa possibilita' va estesa anche ai dottorati (come gia' avviene in tutto il resto del mondo), i prof. avrebbero la possibilita' di aggiornarsi, e di fare da tramite tra due mondi che parlano poco.

 

10) Rivedere le norme che regolano i congedi per ragioni di studio. Ad oggi, un professore di ruolo, tra dottorato, post doc, assegni e nomine da ricercatore puo' tenere una cattedra congelata per interi lustri, costringendo le scuole ad assunzioni annuali. Siccome molti di questi ricercatori sono entrati di ruolo grazie all'ultimo concorso, si puo' arrivare all'assurdo di persone che dispongono di cattedre di ruolo senza aver lavorato un giorno da insegnanti. Alcuni insegnano soltanto tra una nomina e l'altra. Non ho qui dati precisi sul fenomeno (non saprei dove trovarli), ma questa confusione amministrativa merita di essere discussa ed emendata, senza peraltro limitare il diritto all'aggiornamento. Anche perche', ad oggi, un dottorando che voglia anche, contemporaneamente, insegnare, non potrebbe farlo, mentre nel resto del mondo, se le due cose non si sovrappongono, e' ampiamente permesso: molti dottorandi devono imantenersi avorando, e farlo insegnando in una scuola e' un modo come un altro (magari part-time).

 

Queste sono alcune delle mie idee, neanche particolarmente nuove. Il punto fondamentale pero' e' questo: non puo' esistere una scuola che non sia elastica, e questa non puo' esistere se non si affida alla professionalita' dei suoi docenti. Il Ministero dovrebbe soltanto servire ad indirizzare e sostenere le buone pratiche e tenere i conti sotto controllo. Solo i professori che entrano in classe possono veramente sapere come strutturare didattica e contenuti. Ovviamente di fronte ad una tale responsabilita' docenti e presidi devono rispondere del loro operato.

 

Francesco Rocchi

Comments (17)

robertocaprioli said

at 11:32 am on Apr 26, 2010

Alcuni commenti sulla proposta:

1) Io però che andrebbe anche data una gabbia di materie tra cui scegliere. Nel senso ok la scelta tra geologia e ingegneria in uno scientifico ma andrebbe evitato che qualcuno invece insegni cose totalmente inutile e messe li solo per rendere piu facile la scuola.

6) non mi è molto chiaro!

7) I testi dovrebbero essere standard a livello nazionale e con prezzi cautelati da legge. I testi devono essere standard per garantire che parità di istruzione e sapere. Lasciare ad ogni scuola la decisione dei libri da usare fa solo aumentare i costi degli stessi creando localismi inutili (un po come i testi universitari)

8) Non sono per una soluzione cosi locale. D'accordo sull'abolizione dei concorsi e graduatorie, andrebbe pero istruito un modello di valutazione standardizzato a livelo nazionale dell'insegnamento. A queste valutazioni si dovrebbero non solo le persone che gia sono nel sistema ma anche chi ci vuole entrare. In questo modo ogni insegnanto avrà un suo "pedigree" (ok la parola non è bella).
Le scuole nel momento in cui avessero bisogno in un insegnante potrebbero mettere un annuncio dicendo cosa cercano. Ad avere il posto sarà chi proponendosi abbia la valutazione migliore. A parità di valutazione ovviamente potrebbe entrare in gioco la discrezionalità di ogni scuola.

Francesco Rocchi said

at 3:32 pm on Apr 26, 2010

1) Più che una gabbia direi una rosa, quanto più ampia possibile. la "facilità" o meno della scuola non dipende dalle materie ma da come sono insegnate. Si può anche istituire un corso di Fisica delle Particelle ma rendere il corso ridicolmente facile. Quel che non esiste nella scuola, né in molti altri campi in Italia, è il principio che non può essere la burocrazia che può stabilire cosa è buono e cosa no, in astratto. Solo responsabilizzando le scuole i corsi migliorano. Altrimenti si pensa soltanto a riempire correttamente le scartoffie, non ad insegnare veramente.


6) Oggi gli insegnanti fanno 18 ore di lezione in classe, più consigli, ricevimenti ecc. La mia è che il contratto dovrebbe prevedere, chessò 24 ore (con aumento corrispondente), ma non per altre ore di lezione in classe, bensì da spendere nel funzionamento delle biblioteche (i bibliotecari ad oggi devono essere finanziati a parte con appositi Programmi, col risultato che molto spesso le biblioteche scolastiche sono costantemente chiuse...), in servizi pomeridiani, per portare avanti ricerche didattiche, sportelli di aiuto, mostre scolastiche (che non si possono organizzare di certo soltanto in classe) e qualsiasi altra attività la scuola pensi di attivare. In altre parole, vorrei che gli insegnanti spendessero più tempo nella scuola come comunità sociale e di studio, non solo nelle classi.

Francesco Rocchi said

at 3:33 pm on Apr 26, 2010

7) E chi li decide gli standard nazionali? E chi li fa rispettare? E perchè lo standard di Foggia dovrebbe essere lo stesso che a Varese? Il calmiere già esiste, e non lo rispetta nessuno. Ad oggi le scuole (i C.d.C.) già scelgono quello che gli pare (e vorrei vedere che non fosse così!). Altro punto è che i testi non sono bibbie. Sono solo raccolte sintetiche di saperi che un professore dovrebbe già maneggiare con disinvoltura. Un bravo professore, aiutato dall'informatica, può fare lezione con quattro lire, basta dargli la possibilità di scegliere. E cosa sarebbero i "testi standard"? Testi preapprovati dal ministero? Testi che insegnino la storia o la scienza come vuole il ministro di turno. Con molta cordialità, è una definizione che non ha senso.

8) La mia è il contrario di una soluzione locale. Se si tratta di presentare curricula, allora uno di Trapani può anche presentarsi a Vicenza, uno di Genova ad Ancona, uno di Vercelli a Trieste. Nel resto d'Europa già avviene ed è assolutamente normale. In Italia già avviene in tutto il resto del mercato del lavoro.
L'idea di valutare i curricula non esclude, per come la vedo e così come già avviene altrove, la necessità di avere una abilitazione specifica (quella della SSIS, in altre parole). In UK, ad es., è necessaria per entrare nelle scuole pubbliche, mentre quelle private assumono chi gli pare (ma le loro private sono molto diverse dalle nostre, come anche le scuole pubbliche, in peggio).
Si può anche stabilire (é logico) che nel colloquio di lavoro vi debba essere la valutazione dei titoli. Ma pensare di ridurre tutto ad un regolamento astratto e "automatico" è proprio quel che vorrei evitare: se oggi esistono corsi di aggiornamento, lauree e master che non valgono niente è anche perchè l'unica cosa a cui si bada è che tali corsi siano "ministerialmente" ammissibili, non validi in sé per sé. Bisogna averli visti, 'sti corsi, per capire...

Francesco Rocchi

robertocaprioli said

at 6:45 pm on Apr 26, 2010

7) Per me avere una cosa che non funziona o non averla è uguale! Lasciare libertà locale è corretto ed è anche giusto, si potrebbe spostare il controllo a livello regionale od offrire una rosa di alternative.
Il problema è che poi gli studenti non andranno mai in libreria a scegliere quello che per loro è il libro migliore (ne lo faranno i genitori), ma verosimilmente accadrà che verranno acquistati i libri suggeriti dagli insegnanti. Insomma quello che accade nelle università.
In questo modo potrebbe esserci la tentazione da parte di una casa editrice di far fare un libro a un pool di professori, solo perchè cosi il libro verrà consigliato ed avrà un suo pubblico. Tutto questo in barba a qualsiasi idea di qualità e contemimento dei costi.
E' una cosa che avviene nelle università e non vedo perchè dovrebbe essere diverso in altri ambiti.
Per me testi standard sono delle pubblicazioni che sono state valutate da una commissione (o ente o ...) e ritenute idonee per l'uso dell'insegnamento scolastico.

robertocaprioli said

at 6:46 pm on Apr 26, 2010

8) Parlando di valutazione io non mi riferisco a titolo accademici. Anch'io penso che limitare le graduatorie ai titoli accademici sia una stortura, ci si ritrova poi che i titoli idonei per operare nelle strutture di educazione per ragazzi disabili siano quelli da medico (con rispetto per i medici) e non da educatore.....
L'ideale sarebbe che vengano valutati gli inseganti in base al rendimento dei loro allievi (alcune associazioni private in US lo fanno), sulla loro soddisfazione (e dei genitori) ecc.
A questo poi potrebbero essere aggiunte delle valutazioni di tipo locale sulla scelta.
Il solo curriculum ripropone il problema dei titoli perchè da un curriculum si possono evincere solo quelli e le esperienze. Ma nessuno puo dire come siano state queste esperienze per chi le ha subite.
La scuola non puo essere come il mercato del lavoro perchè la prestazione non è uguale. Nel senso che se mi assumessero come il miglior venditore del mondo chi mi ha assunto riuscirebbe a capire che sono un cialtrone in poco tempo: uno o due mesi ma poi vedrebbe la mancanza di risultati e finirei a casa.
Se un insegnante riesce ad avere un posto vendendosi meglio di quel che è gli effetti dannosi del suo lavoro si vedreanno dopo qualche anno.
La valutazione creerebbe un mondo della scuola in cui ci sono insegnanti cattivi (presumilmente sospinti fuori dal mercato), buoni ed ottimi, come nel mondo del lavoro normale gli ottimi dovrebbero spuntare uno stipendio piu alto. (questa parte è un po da idealista)

Francesco Rocchi said

at 10:33 am on Apr 28, 2010

7) Per quanto riguarda i testi scolastici, la situazione che lei paventa è quella che esiste già. Forse poi lei non lo sa, ma ad oggi i professori sono OBBLIGATI a indicare i libri di testo, che poi vengono ufficialmente adottati dal Consiglio di Classe, il quale, in teoria, dovrebbe anche fare due conti e vedere se il calmiere è stato rispettato. Questo non sempre accade, e anche se nei limiti la spesa è comunque proibitiva (si pensi ai vocabolari e a quanto costano).
E' OVVIO che gli studenti comprano i libri consigliati dagli insegnanti (come è ovvio che siano scritti da insegnanti...e da chi altri, sennò?). Se si vogliono usare i libri di testo, non può essere che così. Il punto è che un insegnante dovrebbe poter essere libero di NON usare antologie o sintesi ma pagine prese dai suoi libri (senza nemmeno infrangere il copyright, peraltro), documenti internet, o quel che gli pare. Ad oggi, quello dei libri di testi è una specie di "mercato forzoso" in cui gli studenti vengono spremuti come agrumi. In altri termini serve meno controllo, non di più (controllo di cosa, poi? E in che termini?). Almeno a monte, perché poi bisogna verificare se il lavoro svolto è buono oppure no. Anche nella scelta dei materiali, non può esistere un ente ministeriale, o regionale o quel che vuole che stabilisce in astratto cosa è bene e cosa è male. Si tratterebbe, come già è, di altre gabbie burocratiche e basta.

Francesco Rocchi said

at 10:45 am on Apr 28, 2010

8) assunzione e valutazione degli insegnanti. Titoli ed esperienza mi sembrano le uniche possibili basi per qualsiasi valutazione. In UK, ad esempio, esistono anche le referenze, proprio per questo.
Per sapere se un insegnante lavora bene o no, non serve aspettare molti anni: 9 mesi bastano e avanzano. D'altronde, ci sono dei margini di errore (può capitare di fare l'assunzione sbagliata), ma semplicemente il sistema perfetto non esiste. Quello attuale incoraggia l'incompetenza, comunque.
"Vendersi meglio" non significa offrire aria fritta, ma far vedere che si padroneggia la materia, che si hanno capacità di relazione e cose del genere, umanità, autocontrollo, ecc. Niente di scandaloso, direi. Il "colloquio di lavoro" in UK è nient'altro che una lezione che il candidato deve tenere, facendo vedere come si destreggia con i vari suoi strumenti (anche tecnologici). Non è perfetto ma è perfettibile e soprattutto è un sistema elastico, permette di ovviare a possibili errori (oggi noi non riusciamo a licenziare i prof. pedofili, non scherzo).
Un mondo della scuola che espellesse i cattivi insegnanti sarebbe un mondo migliore: oggi tanti insegnano perché tanto prima o poi un posticino salta fuori. E si tratta di gente che farebbe molto meglio a stare altrove.
QUEL CHE MI PREME E' QUESTO: IL MONDO DELLA SCUOLA PUO' FUNZIONARE SOLO SE LO SI RESPONSABILIZZA, DANDO LA LIBERTA' AI PROF. DI FARELE LORO SCELTE E IMPONENDO LORO DI RENDERNE CONTO A VALLE.
Fino ad ora la scuola ha funzionato grazie agli automatismi: percorsi rigidi prefissati dal ministero senza alcun legame con la realtà o semplicistici, e portati avanti sull'unico piano che il ministero conosce, la burocrazia. Tante parole che non vogliono dir niente, ma che accontentano il burocrate di turno. E si crea un mondo finto. Controlli, sistemi, procedure, indicazioni dall'alto non servono a niente. Lasciate fare ai prof. e poi chiedetegli: "Cosa hai fatto?"

robertocaprioli said

at 6:54 pm on Apr 29, 2010

7)So che la mia idea di base è quella gia in uso con un sistema inefficacie sotto tutti i punti di vista.

Io non penso che una maggiore libertà di scelta possa rompere al posto che rafforzare il mercato forzoso dei libri scolastici.
E' vero che alcuni professori ricorreranno non a sussidiari ma a libri di narrativa, articoli o riviste ma non tutti (io in realtà credo una minoranza).
Altri si affiderebbero a piu comodi e sicuri sussidiari ed ovviamente imporrebbero quello per loro piu valido.
Motivo per cui secondo me il rischio di peggiorare la situazione del mercato dei libri ci sarebbe, in quanto non sono cosi convinto che il termine "valido" verrabbe usato con finale "per l'insegnamento" piuttosto che "per il mio portafoglio".

Io penso che debba essere tutelato il diritto di un insegnante a scegliere come insegnare (e poi essere valutato in base a questo) ma non il cosa.
Deve essere garantita la completezza dell'insegnamento, cioè tutto deve essere trattato in modo equo. Vorrei evitare casi in cui Darwin venga escluso dal programma della scuola pubblica a colpa di qualche setta di creazionisti (o travisata la figura di Giordano Bruno). Gli insegnanti avrebbero poi la scelta del tempo da dedicare ai vari argomenti/autori.

La mia idea puo essere declinata nel senso di un ente centrale che controlla la conformità dei libri di testo in termini: costi e loro qualità.
Dopo di che ogni libro considerato idoneo sarà inserito in una lista di libri idonei ed ogni insegnante potrà pescare da questa il testo che ritiene piu idoneo al suo insegnamento.
Insegnamento che potrà sempre essere arricchito con altre letture o spunti dal quotidiano.

Volendo pero lasciare libertà di insegnamento si deve anche lasciare libertà di scelta dell'insegnante se no il discorso non torna.

robertocaprioli said

at 6:59 pm on Apr 29, 2010

8) L'unica cosa su cui dissento è sui 9 mesi, i danni o benifici per me sono di cosi immediata visione.
Pero un sistema di selezione basato su referenze e prova pratica per me è la strada giusta, unita ad un sistema che premia chi rende meglio. Resta solo da definire come definire la resa, per evitare localismi ed inciuci vari...

marcocampione said

at 10:11 am on May 1, 2010

8) il reclutamento deve essere legato alla formazione iniziale. laurea magitrale abilitante a numero chiuso (sulla base del fabbisogno previsto nel triennio successivo) -> tirocinio valutato con un peso maggiore di oggi delle scuole nella valutazione -> iscrizione in un albo di abilitati (per me regionale, ma discutiamone) -> reti di scuole fanno concorsi per i posti disponibili nel prossimo triennio -> commissione composta da dirigenti, insegnanti senior e rappresentanti della comunità locale (chi ha fatto il tirocinio in quella rete ha punteggio aggiuntivo) -> il vincitore di concorso viene assunto a tempo determinato per 6 anni (tre cicli di due e due cicli di tre anni)

8bis) (legato a1 e 2) non solo insegnanti devono lavorare nella scuola; esperti possono essere chiamati dalle singole scuole per tutti quegli insegnamenti non previsti nel core curriculum o per le funzioni "aggiuntive" (organico funzionale flessibile)

9) progressione di carriera (sul modello di quanto proposto da Cremaschi in Malascuola e commentato qui:http://marcocampione.wordpress.com/2009/09/16/malascuola/)

10) aggiornamento obbligatorio

e mi sono limitato ad aggiunte e commenti sullo stato giuridico: molto altro ci sarebbe da dire sulla governance e su contenuti/organizzazione, ma potremo tornarci [rimando per chi vuole sapere come la penso al mio blog; si può partire dagli articoli raccolti qui http://marcocampione.wordpress.com/discorso-sul-merito/]

Francesco Rocchi said

at 10:47 am on May 1, 2010

@Campione
8) Non sono d'accordo con la corsia preferenziale per i locali. Cosa c’entra il luogo fisico della formazione? Che differenza c'è, ad esempio, tra la scienza piemontese e quella veneta? Altra cosa è dire che ogni scuola deve attivare corsi che trova coerenti con la sua "posizione" (facevo l'esempio della geologia a Pozzuoli, magari con un prof. di Trento)

Non sono d'accordo neanche sulle assunzioni triennali: chi non viene preso deve aspettare tre anni per rimettersi in gioco. Non solo: non è possibile fare ipotesi esaurienti della disponibilità di posti sul triennio (chi lo sa chi va in pensione, si trasferisce o fa un dottorato nell'arco di un triennio?).

8bis: esperti esterni possono essere chiamati già oggi (se le scuole hanno i fondi). Si tratta di collaborazioni temporanee e a progetto (definizione non tecnica la mia), come nel caso di quei registi che aiutano gli studenti a realizzare cortometraggi (sempre sotto la supervisione di un professore).
Chi è dipendente della scuola, invece, deve abilitarsi: prerequisito a garanzia dei minorenni.

10) L'aggiornamento obbligatorio non ha senso. Renderlo obbligatorio significa ministerizzarlo: la solita pratica burocratica da sbrigare in vista del pezzo di carta. Vorrebbe dire: "Ti costringo ad aggiornarti anche se non vuoi". Un professore che non si vuole aggiornare, però, non è un buon professore in partenza, e i corsi non lo miglioreranno. L'idea della obbligatorietà implica una sostanziale sfiducia verso il professore (che deve essere tirato per le orecchie fuori dalla sua pigrizia). Il segreto invece è assumere professori in cui si ha fiducia (una fiducia a ragion veduta e da verificare periodicamente). Non solo: passato il principio dell’obbligatorietà, passerebbe anche quello delle dispense: ero malato,ero incinta, la scuola non aveva i fondi. Chi si aggiorna deve essere favorito, chi non lo fa punito. Ma deve essere una scelta.

Francesco Rocchi said

at 12:07 pm on May 1, 2010

@ Caprioli
Un professore non ha alcun ritorno economico dai libri che sceglie. Lei pensa a prof.-autori, ma è ovvio che i prof. che pubblicano sono una minoranza (cui basta imporre di non assumere i propri libri).
Se poi un prof. ritiene che la sua didattica funziona meglio con i libri di testo, liberissimo di assumerli. Non è un imposizione più di quanto lo sia imporre Tucidide ad uno studente di greco.
Non mi è chiaro cosa voglia dire “tutto deve essere trattato in modo equo”. Ma se l’”equità” è decisa a monte, la libertà d’insegnamento -che è nella costituzione- va a farsi benedire (ancora di più se un prof. si deve attenere alla completezza, altro concetto che non mi è chiaro).

Una lista di libri idonei significa istituire una censura, peraltro inutile, perché nessuno obbliga un professore ad adottare un libro che non gli piace. Di un altro ente centrale non si sente di certo il bisogno. Quale libertà di scelta rimarrebbe a un prof. che deve rispettare completezza ed equità decise dal ministero, e scegliere i libri da una lista preconfezionata?

Caro Caprioli, il senso delle sue proposte mi sembra questo: bisogna trovare un sistema centrale che impedisca ai singoli di fare fesserie. In altre parole, un sistema che sopperisca alle loro incapacità. Le sue proposte, come la 10 di Campione, partono da un presupposto preciso: la sfiducia verso i prof. (oggi giustificata? Se ne può parlare). Ma nessun ministro, prefetto o preside può trasformare un asino in un genio, così come Mourinho non può vincere lo scudetto con la Pro Gioventù Puercavaca
Invece di un sistema che interviene sulla sfiducia a valle (“Ti assumo, ma ti dico che libri prendere e cosa e come insegnare, perché cosa voglia dire equo e completo tu non lo sai”), ce ne vuole uno che premia la fiducia a monte: “Mi hai fatto vedere belle cose, ora va’ e mettile in pratica. Sennò ne riparliamo...”.

marcocampione said

at 3:14 pm on May 1, 2010

Io ho massima fiducia negli insegnanti (ce ne sono che dovrebbero fare un altro mestiere, ma sono una minoranza). Così come ce l'ho nei medici (con le stesse precauzioni degli insegnanti). Per i medici l'aggiornamento è obbligatorio. Rimando alle pagine che ho linkato per una proposta più dettagliata.

Non ho proposto una corsia preferenziale per i locali, ma per chi ha fatto il tirocinio nella scuola dove poi va a fare il concorso per entrare in ruolo

Non ho proposto assunzioni triennali ma per 6 anni (ovviamente il rapporto può essere risolto prima in modo unilaterale ma con gli stessi vincoli degli altri contratti: penali e simili)

L'abilitazione non è a garanzia dei minorenni ma a garanzia della qualità (in teoria). In un sistema (come quello che entrambi proponiamo) dove questa verifica è nella sostanza affidata alle scuole e al sistema nazionale di valutazione (semplifico) non ha più senso l'abilitazione. In via transitoria la mantengo per il core curriculum per ragioni più di opportunità che funzionali.

Francesco Rocchi said

at 12:22 pm on May 2, 2010

Caro Campione
1) Ho visitato il suo blog e lei parla molto chiaramente di professionalià docente, su cui sono perfettamente d’accordo. Io la identifico con la abilitazione SSIS (forse perché ne ho tre), ma anche una laurea magistrale specifica mi va bene, tutto sommato.
Poi, dice lei, se uno ha un talento naturale, perché chiedergli il “pezzo di carta”? Forse ha ragione lei.

2) Un tirocinante che si presenta dove è conosciuto é già avvantaggiato. Può bastare.

3) L’aggiornamento obbligatorio. L’aggiornamento è fondamentale, ma i miei dubbi rimangono. Una volta istituito, bisognerebbe istituire dei parametri per capire cosa è “aggiornamento”. Fatti questi, molte agenzie formative comincerebbero a giocare al ribasso (come col titolo legale delle lauree). Ora è esattamente così: per i precari (e solo per loro) l’aggiornamento è a pagamento e obbligatorio de facto perchè offre punti. I corsi offerti oggi sono generalmente scandalosi. Vengono fatti tanto per fare, “perchè è obbligatorio”. Ci sono professori che ne hanno fatti a bizzeffe, ma rimangono incompetenti.
Oggi non vengono valutate cose meno quantificabili ma valide: conoscenza altre lingue, esperienze all’estero, volontariato, altre esperienze lavorative. La mia idea è che solo un confronto vis-a-vis possa far emergere il vero valore di un insegnante. C’è chi non fa master ma legge 60 libri l’anno. Oppure passa il suo tempo libero in un centro-immigrati. Non si può misurare ma conta. L’aggiornamento obbligatorio peraltro verrebbe comodo a chi in classe non fa niente, ma impapocchia tituli e pezzi di carta. A me non piace l’aggiornamento obbligatorio, per la stessa ragione perchè lei non considera essenziale l’abilitazione.
Si può e si deve invece valutare (purtroppo sempre con margini di errore e soggettività, ma è inevitabile) il lavoro svolto, che è l’unica cosa che conta.

robertocaprioli said

at 6:34 pm on May 4, 2010

Si è vero io ho sfiducia negli insegnanti. Purtroppo è la legge dei grandi numeri (o gaussiana o..) fatto 100 gli insegnanti alcuni saranno ottimi altri pessimi, io voglio proteggere dai pessimi.

Un alternativa a quello che propongo io è un sistema centrale che fissi quali debbano essere le competenze acquisite da ogni studente ad ogni step scolastico. Sistema centrale che controlli a fine periodo l'effettivo raggiungimneto delle competenze da parte degli studenti.
Un sistema cosi permetterebbe di giudicare in modo equo l'operato di ogni insegnante e li lascerebbe liberi di usare il metodo di insegnamento che vogliono.

Un sistema in cui un insegnante decida cosa e come insegnare (o colleggio degli stessi) ed in piu controlli il risultato a me fa un paura. Direi che è giusto che in un liceo un insegnante di filosofia possa decidere di approfondire questo o quell'autore (e non trattarne un altro) un meno un insegnante delle elementari che decida di escludere qualcosa dall'insegnamento.

Non tutti i prof saranno prof-autori ma tutti potranno essere visitati dai rappresentanti dei librai e ricevere incentivi. Gli incentivi potrebbero poi essere compiacere il preside-autore, ecc.

Francesco Cerisoli said

at 10:12 am on May 10, 2010

La chiave e' responsabilizzare il reclutamento,e questo si fa solo attravreso un rigoroso sistema di valutazione. Qui dove vivo, in Olanda, esiste un vero e proprio "ranking" nazionale, accessibile a tutti, aggiornato annualmente, che compara la qualita'dellínsegnamento in tutte le scuole che ricevono finanziamenti pubblici (pubbliche e private). Che si basa su una quantita'di parametri (preparazione degli studenti come risulta da una siatema di test nazionali unificati a cadenza semestrale, riparametrata su di un coefficiente familiare che tiene conto delle condizioni economiche e "inellettuali" delle famiglie delgi studenti ecc...). Il sistema di valutazione, gestito dal Ministero ma dotato di forte autonomia decisionale, destina premi e sanzioni (fino alla chiusura della struttura scolastica) sulla base delle valutazioni, che ripeto sono consultabili da tutti i cittadini su un sito web.Per il resto le scuole sono libere di adottare diversi sistemi educativi (jenaplan, Dalton, Steiner, Montessori qui abbondano), assumono in completa autonomia e promuovono specifici percorsi formativi. Quel che fa lo stato e' garantire il livello di istruzione per tutti i gradi della scuola primaria (dai 4 ai 12 anni), imporre i minimi salariali e min max di orario degli insegnanti e soprattutto garantire la fruibilita' a tutti (lo stato finanzia indifferentemente scuole pubbliche o private, e le tasse di iscrizione non superano i 100 euro lánno, indifferentemente).
Quindi, come per lÚniversita', la chiave di volta e'la valutazione expost del rendimento delle strutture e dei singoli. Che in fondo non e'troppo diversa dalla verifica della customer satisfaction che si fa nell'impresa...

Francesco Rocchi said

at 12:10 pm on May 10, 2010

Interessantissime le notizie sul sistema olandese (che mi è altrimenti del tutto sconosciuto). Netherlands (che è quello che noi generalmente intendiamo con Olanda) figura al 9o posto nel "science score" della valutazione OCSE Pisa, con 525 punti (la Finlandia con 563 è al primo, l'Italia con 475 al 36 su 57, tra i Paesi significativamente al di sotto della media OCSE). In altre parole, l'Olanda è un buon esempio.

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