Riproporre la centralità di educazione, formazione e ricerca


Spostare risorse sulla formazione: scuola e università come investimento

 

 

Esistono molti buoni motivi perché il Partito Democratico e i suoi massimi dirigenti inseriscano il tema dell’istruzione, declinato nei diversi aspetti di scuola/ educazione/ formazione/università tra gli argomenti centrali, intorno ai quali costruire un programma elettorale convincente e concreto.

 

1. La platea interessata da questo settore è la più vasta e numericamente rilevante che si possa immaginare e si estende in modo omogeneo in tutto il paese, almeno finché l’azione del governo non riuscirà a spezzettarne la sostanziale unità creando contrapposizioni pericolose tra le diverse aree.

Si tenga presente che il numero dei dipendenti statali della scuola (700.000 insegnanti e 300.000 collaboratori) sfiorano il milione e la loro attività riguarda circa 8.000.000 di studenti e famiglie relative, e riguarda ovviamente vaste fasce di età giovanile.

Questo mondo (ma vicende simili ha subito il settore Università e ricerca) ha subito nel corso degli  ultimi 15 anni progetti di riforma diversi e contradditori, e progressivi graduali tagli di bilancio (i dati del ministero dicono che negli anni '90 la spesa per la scuola era il 3,9-4,0% del Pil, ora è scesa al  2,8% del Pil;  tra il  2001/02 e il  2007/08 gli alunni sono costantemente cresciuti mentre i docenti sono diminuiti del 4-5%.) Per questo ancora più grave appare il gigantesco e inaudito taglio di risorse, 7,8 miliardi in tre anni (tra il 15 e il 20 per cento della spesa totale), decise dal governo Tremonti Berlusconi.

I lavoratori di questi settori si trovano pertanto in uno stato di incertezza e di disorientamento gravissimo, che peggiorerà ancora con l’aprirsi del prossimo anno scolastico, per il quale è stata solo abbozzata la normativa con la quale applicare la riduzione di spesa prevista.

A ciò si aggiungerà la disperazione dei 132000 dipendenti (in gran parte personale tenuto da anni in condizione di precarietà per ottenere risparmi a favore dello stato) che avranno visto sparire posti di lavoro in cui erano impiegati da anni.

 

2. Il ritardo dell’Italia nei settori dell’Istruzione, della formazione, dell’Università e della ricerca si configura ormai come vero e proprio DEFICIT STRUTTURALE della nazione, grave ostacolo allo stesso sviluppo di un’economia avanzata.

Secondo gli stessi criteri del trattato di Lisbona la spesa per la scuola va considerata e classificata (in Italia si dovrebbe parlare di riclassificazione) come SPESA PER INVESTIMENTO, certamente più utile e funzionale alla ripresa e all’uscita dalla crisi della spesa in grandi opere di costo incerto da concludersi in tempi lunghissimi e indefiniti.  

 

3. Più in generale le scuole dovrebbero essere ripensate (come accade in gran parte d’Europa), e opportunamente finanziate e riorganizzate, per divenire centri di sviluppo della coesione sociale e culturale, mentre le Università (con particolare riguardo ai settori scientifici) dovrebbero ritrovare il proprio ruolo, centrale in società tecnologicamente avanzate.

 

Questi concetti semplici dovrebbero divenire patrimonio comune nel partito, prima di passare alla valutazione e alla scelta  di specifiche soluzioni, cui si dovrebbbe arrivare con un vasto coinvolgimento di interessati ed esperti, una vera e propria campagna tematica sull'istruzione  (quanto sia determinante il lavoro di esperti lo illustrano le considerazioni esemplari, dal punto di vista metodologico, del prof. Banchieri per la sanità del Lazio DocumentoSanitaLazio.pdf )